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La Repubblica / Affari & Finanza

Vino biologico, crescono produzione e clienti ... Lo scorso anno ad affrontare per la prima volta in maniera seria e senza falsi equivoci il tema del "vino ottenuto da uve provenienti da agricoltura biologica", è stato il congresso dell’Assoenologi di Milano. Da allora tecnici ed esperti si sforzano di analizzare pro e contro di questa scelta produttiva. A livello comunitario e nazionale non esiste una definizione di vino biologico ma bisogna ricondursi alla provenienza della materia prima, l’uva, coltivata con metodi biologici secondo le definizioni del regolamento Cee n.2092 del 91 e del Codex Alimentarius redatto a livello mondiale.
Legislazione a parte, il settore comincia a mettere in campo numeri importanti: secondo i dati pubblicati dall’Ismea nella Filiera Vino 2001, si è passati da 857 aziende viticole (il 20,4% del totale) e una superficie di 2.998 ettari del 1993 a più di 3 mila con una superficie coltivata che sfiorava i 13 mila tre anni dopo. Nel 1999 la superficie vitata biologica è risultata pari a 16.363 ettari (fonte Biobank), di cui 12.342 ettari (il 75%) coltivati nel Sud del Paese, comprese le isole, ma a differenza della superficie vitata, le cantine biologiche sono concentrate prevalentemente, per l’80% circa, al Nord e al centro Italia. Nel 2000 si è registrato un ulteriore incremento con una decisa concentrazione nell’Italia insulare, in particolare in Sicilia dove si è passati da 5.520 ettari del 1999 ai 10.885 ettari del 2000, mentre nel centro Italia la Toscana, con 2 mila ettari di superficie è in testa davanti alle Marche (1400 ettari) e al Lazio (circa mille ettari). Il vino biologico italiano piace soprattutto in Germania, Svizzera, Gran Bretagna e in parte anche negli Stati Uniti, dove finisce buona parte della produzione specifica che, secondo alcune stime, supererebbe un milione di ettolitri con un valore stimato in circa 60 milioni di euro.

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