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Il Sole 24 Ore

Export – Il vino conquista il Giappone. Nel Sol Levante e in Russia i prodotti italiani registrano tassi di crescita superiori ai concorrenti. Consumi in costante aumento negli ultimi dieci anni. In vista la liberalizzazione della vendita al dettaglio ... I giapponesi hanno studiato. E come sempre hanno imparato: negli ultimi dieci anni il consumo del vino nel Paese asiatico non ha fatto che aumentare, così come la conoscenza del prodotto, affinata con i viaggi all’estero e perfino con i corsi di sommelier, una moda dilagante. E’ una passione che ha favorito tutti i grandi produttori, ma gli italiani più degli altri, ormai secondi solo ai francesi. E con tassi di crescita superiori a quelli dei cugini d’Oltralpe.

I numeri – Cominciamo dal dato relativo al consumo. Quello medio di vini è ancora basso, ma è passato da 1,05 litri all’anno per adulto nel 1989-90 (l’anno fiscale nipponico inizia il primo aprile) a 2,9 nel 2000-2001. Le prospettive sono comunque positive, se si considera che per i giapponesi, grandi consumatori di birra e di altri prodotti locali come il sakè, il vino rappresenta ancora oggi appena il 2,6% del totale delle bevande alcoliche consumate. D’altra parte, nonostante esista una produzione locale, il 61% del vino bevuto in Giappone è importato. Nel 2001, secondo i dati dell’Ice di Tokio, l’export di vino italiano in Giappone ha totalizzato 11,4 miliardi di yen, al cambio attuale 100 milioni di euro, in crescita del 27% rispetto all’anno precedente. In pratica il 2001 ha segnato la riscossa dopo due anni difficili seguiti al 1998, quando gli importatori nipponici avevano effettuato ordini eccessivi. La quota di mercato del made in Italy è stata nel 2001 del 15,4% ancora molto sotto i francesi (58,8%), che però l’anno scorso hanno registrato un balzo in avanti “solo” del 15,5%. L’Italia, tra i primi dieci fornitori, è quello che ha realizzato la migliore performance del 2001. Che, va ricordato, è stato l’anno della promozione del made in Italy in Giappone. “Ma l’export italiano continua a crescere pure nel 2002: questo indica una domanda vera e duratura per questo tipo di vini”, spiega con toni preoccupati un rapporto del Centro francese del Commercio estero.

Zonin, ma anche i più piccoli - Uno dei gruppi che più ha beneficiato di questo trend è Zonin. E al Vinexpo Asia-Pacifico, la più grande fiera agricola di questa parte del mondo, in corso in questi giorni a Tokio, è arrivato a promuovere le sue etichette il presidente in persona, Gianni Zonin. “Ormai il Giappone è il nostro secondo mercato all’estero dopo gli Stati Uniti – ammette. E l’anno scorso, nonostante la crisi economica, abbiamo registrato un aumento del 50%.” I suoi prodotti sono distribuiti dal colosso nipponico Asahi. “Anche nel 2002 le cose stanno andando molto bene. E speriamo negli effetti benefici di una novità importante prevista l’anno prossimo: la vendita al dettaglio dei vini sarà liberalizzata, mentre adesso i negozi devono disporre di una licenza apposita” aggiunge. Secondo Zonin la conoscenza del vino (e in particolare di quello italiano) è aumentata negli ultimi anni “grazie alla crescita del flusso turistico verso il nostro Paese e al successo della cucina italiana in Giappone” ...
Concorrenti sempre più agguerriti. A parte la Francia, tra i concorrenti dell’Italia ci sono gli Usa (in pratica i californiani), ormai al terzo posto fra i Paesi fornitori, e il Cile, al quarto. La Germania si colloca al quinto posto. Ma questo Paese, producendo soprattutto vino bianco, mentre i consumi giapponesi si orientano sempre più verso il rosso, vede calare le sue vendite. L’anno scorso anche l’Australia, numero sette della classifica, ha accusato un calo (-9,3%). Ma secondo gli esperti è stata solo una battuta di arresto. “Gli australiani sono molto aggressivi in Asia – conclude Zonin – Noi qui in Giappone abbiamo iniziato a commercializzare il Primitivo di Mandria proprio per fare concorrenza a certi vini corposi in arrivo dall’Australia” ...

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