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Sette / Corriere Della Sera

Cancelliere, champagne! Ma anche Bordeaux e Borgogna delle migliori annate. E’ il tesoro scoperto a fine guerra nel rifugio di Hitler sulle Alpi Bernesi. Mezzo milione di bottiglie pregiate e introvabili, trafugate, come opere d’arte, dalle cantine francesi a uso e consumo di Hitler e dei suoi gerarchi. Lo racconta un libro in Inghilterra. Che “Sette” ha letto per voi ... E’ il 4 maggio 1945, cinque giorni dopo il suicidio del Fuhrer nel bunker di Berlino: bruciando sul tempo gli americani, un reparto della Seconda divisione meccanizzata francese, al comando del generale Philippe Leclerc, arriva a Berctsgaden, sulle Alpi Bernesi, il buen ritiro preferito dei gerarchi nazisti. Sul picco che domina la valle, a 2.500 metri di quota, c’è il Nido dell’Aquila, il rifugio di Hitler e della sua bella Eva Braun ... Mentre qualcuno si preoccupava di alzare la bandiera francese al posto di quella nazista, il sergente venuto dallo Champagne cercò la cantina. Rimase a bocca aperta: sotto la luce della sua torcia c’erano almeno mezzo milione di bottiglie. Rastrelliere di ferro e casse di legno, dal pavimento al soffitto. Molte magum. Le migliori annate, le migliori etichette. Vini francesi. I Bordeaux erano straordinari: Rothschild, Lafite, Mouton. C’erano i Borgogna, e poi gli champagne: Krug, Bollinger, Moet, Piper-Heidsieck, Pommery ...

E in Italia, tra le tele del Giorgione si salvò il Montepulciano

Il 6 giugno 1940, quattro giorni prima dell’entrata in guerra dell’Italia, giunsero dalle diverse Sopraintendenze italiane nella Rocca di Sassocorvo le prime opere d’arte “per essere custodite e salvate dalle barbarie distruttive della guerra”. Giunsero quasi 10.000 capolavori che rimasero nascosti oltre cinque anni. Dipindi, sculture, ceramiche, spartiti musicali. Opere come La Tempesta del Giorgione e la Flagellazione di Piero dellla Francesca. Al termine della guerra si scoprì che qualche previdente contadino aveva frammisto alle casse protettive le sue bottiglie, vini rossi a base del vitigno di Montepulciano. Nessuno scandalo: quando un vino è davvero buono, si può parlare d’arte. E’ in questo spirito che ho ripensato alla Rocca di Sassocorvaro non appena ho saputo che il principe Alberico Boncompagni Ludovisi aveva deciso di spiantare le vigne bianche sull’Appia Antica per rivolgere il proprio impegno al Fiorano Rosso. Poiché nelle sue cantine giacevano varie botti di Fiorano Bianco e di Fiorano Semillon, d’accordo col principe iniziai l’opera di salvataggio, con l’aiuto di Filippo Polidori che è di Sassocorvaro e ha, nella Rocca, trasportate con le stesse precauzioni che avevano richiesto nel 1940 le opere d’arte.

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