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La Repubblica

Il boom del vino biologico italiano ... L’International Herald Tribune è venuto a cercare il vino biologico in Italia. L’autorevole quotidiano americano ha dedicato un grande servizio proprio all’inizio di questo anno al successo che i vini biologici italiani stanno avendo, in particolare alla capacità dei nostri produttori di creare etichette raffinate che pur non contravvenendo ai principi della enologia "verde" siano in grado di soddisfare i palati più raffinati.

Ma cosa si intende esattamente per vino biologico?
«Vino ottenuto senza l’aggiunta di composti sintetici oltre alla vite e al sole», ha spiegato all’Herald Tribune Stefano Tombesi, direttore marketing di Terre Cortesi Moncaro, una cooperativa marchigiana che fa appunto vino biologico. Di fatto la provenienza biologica delle uve è quanto prevede il regolamento europeo, e al tema «vino ottenuto da uve provenienti da agricoltura biologica», è stato dedicato persino il congresso di Assoenologi di Milano di due anni fa. Da allora tecnici ed esperti si sforzano di analizzare pro e contro di questa scelta produttiva.

C’è chi è pronto a giurare che il vino biologico non esiste, perché, dicono, se venissero veramente applicati tutti i principi dell'agricoltura biologica potremmo avere al massimo un buon aceto. D'altra parte ci sono anche medici pronti a mostrare, grafici alla mano, come un vero vino biologico bianco, a differenza di uno prodotto con sistemi tradizionali, possa arrivare a presentare le stesse doti benefiche sul cuore riconosciute dalla comunità medica ai vini rossi. Non stupisce trovare pareri così discordi in un settore così particolare, dove aromi e sentori, e la qualità in generale del prodotto, molto spesso dipendono da pratiche di vigna e cantina che di naturale hanno ben poco.

Tra le etichette di vini biologici censite in A tutto Bio, c’è anche una grappa prodotta da una cantina di Cividale del Friuli. Barbera, Vermentino, Cannonau, Montepulciano d'Abruzzo, Valpolicella Superiore, Sangiovese di Romagna, Chianti Classico, Chianti senese, O' Feo bianco di Sicilia: nella carta dei vini biologici si può spaziare tra doc e vini da tavola di quasi tutte le regioni.

C'è da dire che una delle ultime tendenze è fare vino biologico senza scriverlo sull'etichetta, affidandosi al semplice tamtam di amici e conoscenti. Non c'è solo la lotta agli anticrittogamici, alla chiarificazione, all'anidride solforosa. Biologico, in qualche caso, vuol dire spingersi oltre, fino a prendere in considerazione, per esempio, dove si fa il vino, da dove si attinge l'energia. In questo fa scuola Alois Lageder, da quattro generazioni vignaioli altoatesini,
La cantina Lageder non ha l'etichetta di biologico, ma la filosofia di produzione è da sempre orientata ai sistemi della viticoltura integrata. L'antica cantina di famiglia è dentro una grande roccia naturale e il nuovo impianto, costruito per far fronte all'espansione dell'azienda, è costruito secondo i criteri della cosiddetta bioedilizia.

L’obiettivo è il risparmio energetico e fin dove possibile si è fatto ricorso a fonti energetiche alternative: si sfrutta la forza geotermica, ci sono pannelli solari e la centrale fotovoltaica è il fiore all'occhiello di un sistema improntato al massimo del rispetto della natura.

Nella Tenuta Tòr Löwengang si applica la teoria della sostenibilità e dell’"unità complessiva". L’ecologia corre di pari passo con la tecnologia e l’estetica e l’ambiente, caratterizzato da innovative soluzioni, è un ambiente in cui anche il lavoro è piacevole. Ma per ridurre al minino la tecnicizzazione nella tenuta Lageder si è arrivati persino a sfruttare la forza di gravità: la torre di vinificazione, infatti, è alta 14 metri e sfruttando il dislivello mosto e vino possono essere spostati per semplice caduta, evitando l'utilizzo di pompe o altri mezzi meccanici. I serbatoi, posti in cerchio attorno al punto da cui scende l'uva, minimizzano ancor più le distanze. Come dire, tutto per preservare la qualità iniziale dell'uva.

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