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La Repubblica / Salute

Alimenti a chilometri zero: servono? ... Prodotti di territorio, mercati dei contadini e acquisti in azienda: solo moda?...

Risponde a favore: Ermete Realacci, ministro ombra Ambiente...

Nato a Sora (FR), 53 anni. Presidente onorario di Legambiente, è membro della Commissione Ambiente alla Camera e ministro ombra del Pd per l’Ambiente. Presiede Symbola, fondazione per le qualità italiane.

Costi più bassi e qualità...

Realacci, il presidente della CIA, Politi, ha accusato la proposta di legge sui prodotti a chilometri zero, di essere uno spot pubblicitario. Che risponde?

“Ma la CIA non ha fatto un accordo con la Confesercenti per i menu nei ristoranti a km zero?”.
Ai consumatori piace molto, la Toscana ha elaborato addirittura una piramide alimentare regionale. Ma allora che faranno i siciliani con gli agrumi o i trentini con le mele, se le mangeranno loro?

“Ma no, ovviamente per alcuni prodotti è impensabile. Il vino a km zero, per esempio, non ha senso, è impensabile che l’Italia non lo esporti all’estero”.

E allora qual è l’obiettivo?

“Avvicinare il consumatore ai prodotti stagionali e di territorio, che sono anche prodotti più sicuri, di qualità e costano meno. Se il km zero viene usato per vendere prodotti di ipernicchia non va bene, ma se invece trovo la verdura e la pago, secondo Coldiretti, un 30 per cento in meno, allora lo scopo è raggiunto”.
Parliamo sempre di numeri limitati...

“Certo, acquistare in azienda o nei mercati dei contadini è una realtà ristretta. Ma in crescita. Pensi che a Pisa già 800 famiglie, e 400 sono in attesa, acquistano un paniere di prodotti direttamente in azienda. Credo che queste cose possano spingere gli altri anelli della catena, dal dettagliante alla grande distribuzione, fino alla ristorazione, ad andare nella giusta direzione”.
Comprare italiano, meglio se della regione, dunque...

“Non è una visione autarchica, ma una spinta a dare maggior valore alla tracciabilità, e dunque alla sicurezza, e alla qualità dei prodotti alimentari. Il futuro passa anche per un frutto che si possa mangiare maturo...”.

Risponde contro: Giuseppe Politi, presidente CIA...

Pugliese della provincia di Lecce, 58 anni, laureato in Scienze Politiche, proviene da una famiglia di coltivatori diretti. Dal 2004 è presidente della CIA(Confederazione italiana agricoltori).

Senza export c’è il collasso...

Presidente, perché è così contario all’agricoltura a km zero? Piace ai consumatori, che risparmiano acquistando prodotti freschi, ma anche ai contadini, che spuntano qualche euro in più...

“Non è che sono contrario, ma può essere una soluzione per un’agricoltura come la nostra, tra le più importanti d’Europa, che esporta per il 40 per cento?”.

Forse non è una soluzione ma è un tassello...

“Per carità, è certamente qualcosa che dà valore ad un prodotto, l’agricoltore ci mette la faccia e ha un ritorno d’immagine. Giorni fa sono andato nel Casertano per promuovere la mela annurca e in un ristorante locale ho trovato la Melinda”.

E ha senso?

“No, ma distoglie dai problemi veri. E, quando sento la politica - di qualunque colore - che sposa il km zero o i farmers market, che potremmo anche chiamare in italiano, allora non ci sto”.

Va bene, e allora che cosa chiede?

“Si deve riuscire ad intervenire sui costi, che oggi sono principalmente quelli legati all’energia e all’aumento dei fertilizzanti, ci sarebbe un bel vantaggio per i contadini e anche per i consumatori”.

Quindi secondo lei stagionalità dei prodotti, legame con il territorio, km zero, sono elementi interessanti però un po’ naif?

“L’agricoltore ha bisogno anche di questo, come nel caso delle camere degli agriturismo. Ma deve produrre alimenti e deve poterli vendere. Che ci fanno i pugliesi con la loro uva da tavola, se non la mandano fuori?”.

I prodotti del territorio devono essere valorizzati?

“Certo, come si deve imparare a incentivare e rispettare la stagionalità. Perché sono indicatori di qualità”.

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