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Il Sole 24 Ore

Braccio di ferro sullo Champagne ... Bottiglie di lusso. Maison pronte a dimezzare gli acquisti dagli agricoltori... Son finiti i tempi dello champagne facile. Delle feste generose a fine giornata per i traders parigini. Degli ordinativi esagerati dei magnati russi. Le vendite sono in forte calo, gli stock delle maison lievitano. E fra i produttori e i vignaioli è in corso un braccio di ferro per fissare la quantità di uva che sarà comprata alla fine della prossima vendemmia. Questa, per la cronaca, inizierà un po’ prima del previsto, forse già dal 10 di settembre. I viticoltori della regione Champagne, le dolci valli intorno a Reims, prevedono che grazie alle condizioni metereologiche favorevoli e a quelle sanitarie della vigna eccellenti ci sarà “una buonissima qualità”. Il problema, in effetti, è altrove, sul fronte delle vendite. Queste erano già calate del 4,8% nel 2008, dopo anni di bengodi, e sono andate giù dell’11% nei primi otto mesi del 2009. A pesare su risultati così deludenti sono soprattutto le vendite al di fuori della Francia. Due giorni fa la Federazione francese degli esportatori di vini e liquori ha annunciato che l’export di champagne si è ridotto nel primo semestre del 41,1% in volume e del 45,2% in valore. Il trend è negativo in particolare negli Usa e in Russia. Le cose vanno relativamente meglio in Francia. Che riflessi ha tutto questo dalle parti di Reims? Le grandi maison hanno visto crescere i loro stock arrivati ormai a 1,3 miliardi di bottiglie. Questi produttori solo in parte sono proprietari diretti delle vigne che si distribuiscono nei 33mila ettari da dove proviene l’uva per produrre lo champagne. Per il resto si devono rifornire da una miriade di piccoli vignaioli. Ogni anno, al momento della vendemmia, si stabilisce quanta uva acquisteranno le maison. Fino al 2008 non esisteva nessun problema. Ma quest’anno i produttori vogliono limitare al massimo tali quantitativi. Il negoziato fra il Sindacato generale dei vignaioli (Sgv) e l’Unione delle maison di champagne (Umc) avviene all’interno di un comitato, che si riunirà martedì per trovare una soluzione. Secondo le ultime indiscrezioni, mentre le maison hanno comprato 14 tonnellate di uva per ogni ettaro nel 2008, quest’anno vorrebbero passare a quota 7,5. I vignaioli non intendono invece scendere sotto i 10,4 (il resto dei grappoli è conservato dai coltivatori). In parallelo il prezzo pagato per ogni chilo di uva calerebbe da 5,35 a 4,5 euro al chilo. Se la Umc la spunterà e imporrà il livello delle 7,5 tonnellate, “noi vignaioli registreremo un calo del fatturato del 35% - sottolinea Patrick LeBrun, alla guida del Sgv -. Praticamente saremo solo noi a sopportare il peso della crisi”. Ma il consumatore ha beneficiato di un calo dei prezzi? Per il momento apparentemente no. I dati più recenti, relativi alla grande distribuzione francese nei primi quattro mesi dell’anno, rilevano un prezzo medio a bottiglia di 17,9 euro contro i 18 nello stesso periodo del 2008.

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