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La Repubblica

Vivere Slow ... Il caelum di Barcellona... Nel cuore del barrio gotico una bottega offre l’eccellenza dei prodotti dei monasteri spagnoli Un singolare buen retiro nel caos delle Ramblas... Formaggio dei monaci cistercensi di Viaceli, in Cantabria; castagne sciroppate delle Jerónimas de Constantina in Andalusia; i “Polvorenes de Santa Clara” del convento de la Purisima Concepción di Siruela in Estremadura; “l’Anguila” di marzapane del convento de María Jesús di Toledo; il liquore di erbe e le marmellate d’anguria, cipolla e melanzane dei Benedettini di Maiorca; i pasticcini “Yemas de Santa Clara” di Llerena (Estremadura); la Malvasia dell’Hospital de San Juan Bautista nella catalana Sitges; il liquore all’eucalipto di Santa Maria de Oseira in Galizia e le torte all’olio delle Carmelitane di Malaga. Siamo a Barcellona, nel barrio gotico, a un passo dall’inflazionatissima Rambla, in un delizioso caffè-bottega con l’evocativa insegna Caelum. Mentre non ci siamo ancora ripresi dal quasi mistico stordimento che danno l’imponenza della Sagrada Familia o l’austero fascino di Santa Maria del Mar, qui riusciamo a estraniarci dal caos turistico del centro storico della capitale catalana. Un angolo quieto e bello, dove sorseggiare un ottimo caffè e comprare o degustare i prodotti di monasteri e conventi da un po’ tutta la Spagna, tanto per restare in tema di “celestiali” rapimenti. Caelum è un’isola nel Barri Gòtic. Situato alla convergenza tra Carrer de la Palla e il Carrer dels Banys Nous, concentra in sol luogo molto di quel ben di dio che il monachesimo ha sparso in tutta Europa. È la celebrazione del labora di tanti monaci e monache: per secoli queste comunità hanno forgiato la gastronomia del nostro continente. Anche attraverso le opere agricole: hanno dissodato terreni, realizzato impianti d’irrigazione, selezionato e tramandato varietà di frutta e verdura. La stessa farmacopea si è sviluppata con la loro empiria e pragmatismo. Mi piace ricordare il ruolo di Cluny, abbazia della Borgogna: per diversi anni fu il crocevia di molti vitigni che tra il Quattordicesimo e Quindicesimo secolo presero dimora nelle nostre terre. Tramite la via Francigena raggiungevano i monasteri italiani, mentre il vitigno spagnolo per eccellenza, il Tempranillo, fu impiantato in Spagna proprio grazie ai cluniacensi. Oggi le ultime testimonianze di questa epopea si trovano ancora qua e là nel mondo cattolico e ortodosso sotto forma di prodotti più o meno eccellenti. In Belgio, in Francia e in Slovenia ci sono dei formaggi indimenticabili fatti da comunità monastiche; sempre nel Belgio le strepitose birre dei trappisti, oppure i vari liquori digestivi nel centro Italia e, ancora, i dolci delle monache siciliane. Mentre in queste settimane impazza la polemica tra i residenti della Ciutat Vella (Città Vecchia, il centro storico) e i turisti accusati di essere maleducati, rumorosi, sporcaccioni e un po’ vandali, Caelum mi sembra un piccolo buen retiro tra tutte le cose meravigliose, gastronomiche e non, che si possono fare a Barcellona. Un buon modo per mettersi al riparo dall’onda incontenibile del mordi-e-fuggi che effettivamente sta mettendo a dura prova uno dei centri cittadini più belli del mondo. Anzi, un consiglio: non andateci neanche sulla Rambla, attraversatela giusto dopo che avrete mangiato al mercato della Boqueria. Per il caffè, infilatevi direttamente nelle strette viuzze del Gòtic alla ricerca di questo piccolo paradiso, che a ben vedere è anche un geniale esempio di marketing.

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