La Repubblica

Le ceste della tradizione per un verde Natale ... Regalare cibo è una cosa bellissima. Quest’anno a Natale sarebbe ancor più bello se il cibo regalato fosse cibo umile, semplice e buono. Per esempio le verdure che sono pronte in questo periodo dell’anno: rape, verze, broccoli, cardi, topinambur, porri, zucche e cavoli. Prediligiamo le varietà locali e autoctone, andiamo a procurarcele nella fattoria di un contadino appena fuori città. Una volta tanto il tradizionale cesto di Natale sia pieno di verdure. Non è una provocazione e nessuno si offenda se le riceve al posto di qualcosa di più costoso o lussuoso. È un bel modo per riaffermare il valore del cibo e non il suo prezzo: si regala la natura, coltivata da abili mani, espressione fisica del territorio che abitiamo e della cultura che lo anima. Trovarsi di fronte a quei piccoli capolavori sotto l’albero dev’essere il modo per regalare e farsi regalare un pensiero nuovo, per soffermarsi a vedere meglio quello che ci passa sotto gli occhi tutti i giorni, di cui per di solito non ci accorgiamo: che cosa vuol dire “cibo”, quanto può essere bello, che importanza ha anche il più umile dei frutti della terra. Ma non regalatene quantità giganti: il dono dovrebbe essere anche una forma di prevenzione dello spreco, in un sistema economico dove tutto è fatto per essere comprato, venduto e poi finire nella spazzatura. Donando si dovrebbe poter riaffermare il valore del dono in sé: quella gratuità che è stata estromessa dal sistema. Anche il Natale ci è stato rapito dal consumismo, come tutto il resto: non perdiamo l’occasione di esaltare la bellezza e la nobiltà che stanno in un’intelligente frugalità. È la sobrietà di regalare una cosa viva, che ci rende più vivi perché ci fa ripensare le cose normali per renderle eccezionali, preziose per quel che valgono davvero.

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