Corriere Della Sera

DiVini ... Un verso di Zanzotto per il bianco dogale ... L’uva si chiama Dorona, autoctona, veneziana, coltivata fino al 1400 e poi quasi perduta. E a bacca gialla, come evoca il nome. L’ha riscoperta Gianluca Bisol, uomo del Prosecco e dei Cartizze di Valdobbiadene. L’ha trovata a Sant’Erasmo, l’orto della Serenissima dove ancora si coltivano i piccoli carciofi chiamati “castraure”. Dopo cinque anni di ricerche storiche, Bisol ha piantato le viti a Mazzorbo, l’isola di fronte a Burano, un luogo abitato un tempo solo da monaci e contadini. La tenuta Scarpa-Volo in cui cresce la Dorona è un esempio di eroica cultura della terra insulare, sotto la forma prima di orto conventuale, poi di vigna domestica. Ora, nei due ettari della tenuta, le viti sono curate come piante rare. Da mercoledì sono disponibili le prime 4.880 bottiglie cli questa avventura. Il ritorno della vigna dei Dogi è stato curato da uno dei winemaker più noti d’Italia, Roberto Cipresso, a sua volta produttore di un Brunello pluripremiato. Al progetto hanno partecipato Slow food e l’università Ca’ Foscari. Al vino è stato dato il nome Venissa, ispirato al poeta delle colline trevigiane, Andrea Zanzotto, morto quattro mesi fa. Venissa è la citazione di un suo verso: “Venessia, Venissa, Venusia”. Buona parte delle bottiglie (numerate) sono state vendute “en primeur”, come fanno i francesi. Bottiglie da collezionisti, quindi, nel filone del recupero dei vitigni storici. Nella tenuta c’è un ostello per il turismo naturalistico e nautico. E un ristorante (riapre il 15 marzo) con la giovane Paola Budel, allieva di Gualtiero Marchesi e Michel Roux, passata dalle cucine di Londra e Tokyo. Fino a quelle del Principe di Savoia di Milano, prima di approdare in laguna.