La potenzialità vitivinicola del Meridione ha spinto alcuni importanti enologi "nordisti" a sperimentare assemblaggi tra masserie, bagli e dammusi. Per una volta, invece, è un wine-maker siciliano a recarsi nel profondo
Nord, per cercare di rivalutare un territorio con scarsa tradizione enologica. Si tratta di Vincenzo Bàmbina, 32 anni di Alcamo, un'esperienza significativa in Donnafugata e varie consulenze tra Sicilia e Malta; il committente è una giovane realtà vitivinicola nella Brianza lecchese, La
Costa. Abbiamo incontrato l'enologo a Perego, per la
presentazione dei vini dell'azienda.
Dalla Sicilia alla Lombardia il passo è lungo...
La Sicilia è una terra unica, inimitabile, e non nascondo che dopo il primo contatto da parte della famiglia Crippa, titolare dell'azienda, ero scettico: ma come, fare vini di qualità in Brianza, alle porte di Milano? Non conoscevo il territorio (siamo nel parco naturale della Valle del Curone, ndr) e le sue potenzialità. Visitando La Costa mi sono reso conto che qui esistono condizioni ottimali per la vitivinicoltura: microclima mite con forti escursioni termiche, suolo morenico, ottima esposizione delle vigne, impiantate sui terrazzamenti di un anfiteatro naturale. Nel periodo della maturazione dei grappoli, il microclima è
molto simile a quello siciliano.
I vini che portano la sua firma sono il Solesta, chardonnay e riesling, e Sangiobbe, pinot nero. Si parla di ritorno delle varietà autoctone, ma anche voi avete scelto vitigni internazionali !
È vero, ma qui il terroir è protagonista, riesce a dare un'impronta molto caratterizzante al vino. Prendiamo il pinot nero: le particolari influenze pedo-climatiche lo rendono completamente diverso dalle altre bottiglie italiane fatte con lo stesso vitigno.
Una sfida non facile, fare vino in Brianza, senza tradizione né denominazione
Il cammino è arduo, ci sono leggende da sfatare sul vino brianzolo. Per quanto riguarda la doc, non lo ritengo il primo problema: non è il nome, ma il vino che deve piacere.
Bernando Lapini
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