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BOOM DEL VINO DI QUALITA’ “MADE IN ITALY” IN GIAPPONE. LE TESTIMONIANZE, AL RITORNO DAL SOL LEVANTE, DI GIANLUCA BISOL E GIANNI ZONIN SUL GRANDE FUTURO DEL VINO ITALIANO

Il vino conquista il Giappone. Nel Sol Levante, i prodotti italiani registrano tassi di crescita superiori ai concorrenti: negli ultimi 10 anni il consumo del vino nel Paese asiatico non ha fatto che aumentare, così come la conoscenza del prodotto, affinata con i viaggi all’estero e perfino con i corsi di sommelier, una moda dilagante. E’ una passione che ha favorito tutti i grandi produttori, ma gli italiani più degli altri, ormai secondi solo ai francesi. E con tassi di crescita superiori a quelli dei cugini d’Oltralpe.

E’ quindi davvero sorprendente la felicità che si fa spazio nella classica compostezza nipponica per le strade e nei 4.000 ristoranti italiani che a Tokio riflettono la simpatia dei giapponesi per il nostro Paese. Una gioia ed una passione che ha vissuto, in prima linea, un’azienda veneta che di festeggiamenti se ne intende … La Bisol di Valdobbiadene, in un road show di alto livello, ha presentato a Tokio il suo Prosecco di Valdobbiadene “Crede” (quello che Wine Spectator’s, la bibbia americana del vino, ha quest’anno scelto come unico spumante Italiano), in una grande festa nel locale di massima tendenza in centro a Tokio, l’Adding Blue, con vip, giornalisti, attrici e personaggi televisivi (tra gli altri, Toshihiko Matsuo, regista tv di “Iron Chef”, mister Misao Ito, chef editor di Harper’s Bazzar, Nzomi Toyama di Brutos, tutti con il calice di Bisol Valdobbiadene Prosecco e le specialità venete della Jada: dalla soppressa alla salsa di radicchio.

Ma il momento particolarmente favorevole per il vino e la cucina di qualità firmati Italia, in Giappone, non interessa solo le piccole griffe del vino, come la Bisol, ma anche altre importanti aziende. Uno dei gruppi che più ha beneficiato di questo trend positivo in Giappone è quello condotto da Gianni Zonin: “Ormai - ammette Gianni Zonin, reduce del Vinexpo Asia-Pacifico, la più grande fiera agricola di questa parte del mondo - il Giappone è il nostro secondo mercato all’estero, dopo gli Stati Uniti. Nel 2001, nonostante la crisi economica, abbiamo registrato un aumento del 50%. Ed anche nel 2002 le cose stanno andando molto bene. E speriamo negli effetti benefici di una novità importante prevista nel 2003: la vendita al dettaglio dei vini sarà liberalizzata (adesso i negozi devono disporre di una licenza apposita, ndr)”. Secondo Gianni Zonin, la conoscenza del vino italiano è comunque aumentata soprattutto negli ultimi anni “grazie alla crescita del flusso turistico verso il nostro Paese e al successo della cucina italiana in Giappone”.


I numeri: il vino in Giappone

Cominciamo dal dato relativo al consumo. Quello medio di vini è ancora basso, ma è passato da 1,05 litri all’anno per adulto nel 1989/1990 (l’anno fiscale nipponico inizia il primo aprile) a 2,9 nel 2000/2001. Le prospettive sono comunque positive, se si considera che per i giapponesi, grandi consumatori di birra e di altri prodotti locali come il sakè, il vino rappresenta ancora oggi appena il 2,6% del totale delle bevande alcoliche consumate. D’altra parte, nonostante esista una produzione locale, il 61% del vino bevuto in Giappone è importato. Nel 2001, secondo i dati dell’Ice di Tokio, l’export di vino italiano in Giappone ha totalizzato 11,4 miliardi di yen (al cambio attuale 100 milioni di euro, in crescita del 27% sul 2000). In pratica, il 2001 ha segnato la riscossa dopo due anni difficili seguiti al 1998, quando gli importatori nipponici avevano effettuato ordini eccessivi. La quota di mercato del “made in Italy” è stata nel 2001 del 15,4% ancora molto sotto i francesi (58,8%), che però l’anno scorso hanno registrato un balzo in avanti “solo” del 15,5%. L’Italia, tra i primi dieci fornitori, è quello che ha realizzato la migliore performance del 2001. Che, va ricordato, è stato l’anno della promozione del made in Italy in Giappone. “Ma l’export italiano continua a crescere pure nel 2002: questo indica una domanda vera e duratura per questo tipo di vini”, spiega con toni preoccupati un rapporto del Centro francese del Commercio Estero.

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