“Malgrado l'immagine forte che caratterizza il food and drink italiano, l’Italia esporta ben al di sotto delle sue possibilità. La colpa è della frammentazione delle politiche promozionali e delle limitate risorse. La realtà che abbiamo davanti è una galassia produttiva molto frammentata che aiuta a realizzare nicchie di mercato, a tramandare tradizioni, prodotti tipici, ma non favorisce sforzi consortivi e promozionali adeguati”. Parla di necessità di coordinamento Augusto Bocchini, presidente di Confagricoltura, l’importante organizzazione delle imprese agricole: “i singoli stanziamenti non sono travolgenti. E' chiaro che l’Ice deve promuovere tutto il prodotto italiano e ci sono stati dei passi avanti, ma con un adeguato coordinamento si potrebbe fare di più. Il problema, però, è che c’è molta dispersione, data la pluralità di soggetti che fanno promozione in Italia, le Regioni, le Camere di Commercio, l’Unioncamere, lo Stato, attraverso l’Ice e non solo. Se si operasse una sinergia, anche senza centralizzare il discorso, e ognuno facesse la sua parte, le risorse stanziate annualmente sarebbero senz'altro gestite meglio”. Bene quindi il decentramento, ma attenzione alle sovrapposizioni, è il messaggio della Confagricoltura che ha comunque pensato ad una soluzione: “il più grosso esportatore agroalimentare europeo è la Francia -spiega Augusto Bocchini - che ha utilizzato da sempre un modello ad hoc, cioè Sopexa, la società che si occupa benissimo della promozione dei prodotti agroalimentari. Puntare anche in Italia ad una Sopexa agricola potrebbe essere una strategia vincente”. Ma la ricetta di Confagricoltura punta anche sulla valorizzazione della qualità dei prodotti italiani: “la qualità deve essere veicolata come discorso di fondo e non deve solo coincidere con i prodotti di nicchia, che devono fare da traino a tutto il sistema. Il grande cambiamento è far sì che la promozione venga fatta dal "sistema Paese" in modo organico”. Bocchini cita l'esempio del settore vitivinicolo, che da solo ha fatto registrare, nel 2001, un giro d'affari di 2.580 milioni di euro alla voce export e, grazie alle grandi etichette, ha fatto conoscere nel mondo tutta la produzione vinicola italiana.
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