La “rivoluzione del vino” di questi ultimi anni non ha coinvolto soltanto enologi e imprenditori, sommeliers e ristoratori, giornalisti e, soprattutto, consumatori. Tutto questo rinnovando, anzi trasformando, un settore economico con risvolti culturali e perfino sociali come mai avvenuto in passato. Ad essere coinvolti sono stati anche, e non poteva essere altrimenti, gli agenti di commercio del settore, coloro che ricoprono l’importante ruolo di collegamento tra chi il vino lo produce e chi poi lo deve vendere al consumatore finale.
Una professione per alcuni di grandi soddisfazioni, non solo economiche, per altri disseminata invece di incomprensioni e di delusioni. Di questi “uomini da marciapiede”, delle loro storie e delle loro impressioni su una professione che non è più la stessa di venti e trent’anni fa, se ne occupa adesso WineNews. Due generazioni a confronto tra rappresentanti di varie parti d’Italia e di alcune delle più importanti aziende vinicole, tra i “figli d’arte” e chi ha intrapreso l’attività per la grande passione verso il mondo del vino. Molte cose, insomma, sono cambiate rispetto al passato e anche per gli agenti di commercio vale il discorso della “filiera”: conoscenza delle zone vinicole, dei vitigni, dei metodi di lavorazione nel vigneto e in cantina, della normativa vitivinicola, e ancora la conoscenza dei “top wines” e naturalmente delle tendenze di mercato. Tutte cose che una volta erano pressoché sconosciute ai rappresentanti, considerato che insieme al vino vendevano anche liquori, dolciumi e altri generi alimentari. Ecco perché oggi praticamente tutti gli agenti devono essere in possesso di una preparazione specifica da acquisire attraverso i corsi di sommelier o di aggiornamento da parte delle stesse aziende vinicole per le quali lavorano.
Una volta, per convincere il ristoratore ad acquistare il vino, era sufficiente che il rappresentante gli dicesse: “E’ buono, compralo!”. Gli ordini, a decine di casse, venivano di conseguenza. Oggi, anche per comprare dodici bottiglie, il ristoratore o l’enotecaro vuole sapere un sacco di cose di quel vino, perché lui stesso è più preparato e a sua volta deve rivenderlo a clienti altrettanto preparati, anzi spesso molto più di lui. Anni fa, insomma, era più facile il loro compito anche perché la concorrenza tra marche era inferiore, essendo poche quelle a livello nazionale, largamente conosciute e commercializzate, e i clienti, meno preparati e meno esigenti, si affidavano a quelle. Bastava avere il prodotto giusto per vivere di rendita. Oggi, con la miriade di marche e di etichette di ogni parte d’Italia e del mondo, è un compito difficilissimo “entrare” in un locale, sia esso ristorante, enoteca o peggio ancora supermercato.
Certo, la maggiore professionalità richiesta è servita anche a “scremare” il numero degli agenti. Fino a non molto tempo fa non erano pochi coloro che praticavano quest’attività a mezzo servizio, come dopolavoro per arrotondare le entrate; oggi non è più pensabile. Chi decide di dedicarvisi, lo fa a tempo pieno, anche perché si è dilatato il tempo da spendere con i clienti: un conto, infatti, è passare dal ristoratore, spiegargli in due parole le caratteristiche di un nuovo vino, lasciargli il dépliant e poi ripassare o avere la conferma per telefono; un altro, come nella maggior parte accade oggi, fermarsi a spiegare dettagliatamente le caratteristiche, assaggiarlo insieme, vedere la reazione del ristoratore e infine convincerlo. Se prima gli agenti riuscivano a visitare 15-230 clienti al giorno, oggi la media è scesa a 5-6.
Altro aspetto importante che emerge dall’inchiesta di WineNews è quello dell’autonomia economica, in particolare per chi è all’inizio dell’attività. Per alcuni non ci sono giorni liberi, anche la domenica diventa lavorativa perché è un’occasione per andare a cena al ristorante ed avvicinare il titolare. Poi bisogna girare per conoscere le zone vinicole, partecipare ai corsi professionali, mentre i primi ricavi non arrivano prima di sei mesi. I grandi guadagni, a detta di alcuni agenti della “vecchia guardia”, sono finiti da tempo!
Tra i giovani, molti sono “figli d’arte”, e per questo il loro compito è meno gravoso di chi invece decide di iniziare l’attività. Anzi, grazie alla migliore preparazione, conoscenza del mondo del vino e anche passione (tra i giovani d’oggi la passione è certamente superiore rispetto a quella dei loro padri), la nuova generazione ha sicuramente creato basi più solide all’attività nonostante le difficoltà cui abbiamo accennato. Tra loro non mancano anche giovani e belle donne, attirate da un lavoro che è sì pesante ma anche gratificante, sebbene per qualche vecchio agente bisognerebbe erigere un monumento al “rappresentante sconosciuto”, colui cioè che nella sua carriera non ha ricevuto applausi e soddisfazioni economiche bensì rimbrotti dai clienti e dai mandanti e tante porte chiuse in faccia. Anche questo è un aspetto della professione.
Emanuele Pelluci
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