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IL GAJA-PENSIERO SUI MERCATI INTERNAZIONALI: QUELLO EUROPEO E’ IL PIU’ IMPORTANTE PER IL VINO ITALIANO, MA DA NON TRALASCIARE ANCHE I MERCATI “MARGINALI” COME LIBANO O CIPRO … QUELLO CINESE RICHIEDERA’ DEL TEMPO PER IL SUO SVILUPPO!

Italia
Vecchie vendemmie di Barbaresco Gaja

“Sono importanti tutti i mercati, compresi Libano e Cipro - spiega Angelo Gaja, “le roi” del vino italiano - mentre il mercato cinese richiederà del tempo perché decolli, anche se alcuni grandi marchi dovranno già presidiarlo. Per ora, invece, è prematuro per i piccoli produttori spendere energie in Cina”. Così Angelo Gaja, in parte sfata il “mito” della Cina, considerata da più parti come la panacea a tutte le difficoltà di mercato dell’attuale delicata situazione di vendita del “made in Italy” eroico, scommettendo invece sul mercato europeo “che resta quello più importante - incalza Gaja - con i suoi 460 milioni di potenziali clienti dalla cultura del vino evoluta e dal consumo pro capite elevato, anche se concentrato per la maggior parte sul vino da tavola”.

”L’impegno principale delle aziende vitivinicole italiane - continua - dovrà concentrarsi, appunto, nello spostamento dei consumi verso i vini “premium”, con un credito di fiducia maggiore verso i giovani, strutture di vendita sempre più efficienti e strategie di marketing sempre più intraprendenti e innovative. Perfino mercati come quello francese potranno diventare interessanti, specialmente per vini originali come Brunello o Barolo, mentre già crescono i mercati di Grecia e Inghilterra, offrendo buone opportunità anche per i piccoli produttori”.

Ma la tendenza più marcata del comparto vino italiano è quella di spostarsi progressivamente dal segmento dei cosiddetti “table wines” verso le opportunità offerte dai vini del segmento “premium”, perché “è sempre più duro fare soldi con i vini da tavola - spiega Gaja - cioè contrastare la competitività dilagante dei produttori del Nuovo Mondo”. Attualmente, il Paese che consuma più “premium wines” sono gli Stati Uniti “anche più dell’Europa - conclude Gaja - ma è un mercato difficile da raggiungere specialmente dai piccoli produttori. Stesso discorso vale per il Canada; esistono buone opportunità nei paesi dell’ex Europa dell’Est, Russia in testa, dove un numero, se pure ancora ristretto di consumatori molto ricchi, ha voglia di spendere nei vini italiani”.

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