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E’ il merlot della Topa Nera il vino dal nome più originale: lo dicono gli enonauti di WineNews, in un sondaggio che ha esplorato lo “strano mondo” dei nomi dell’enologia made in Italy

Il vino italiano dal nome più originale? E’ il Merlot della Topa Nera, prodotto in Toscana a Montecarlo (Lucca) dallo stravagante e irriverente produttore Gino Fuso Carmignani: è questo il risultato del sondaggio che www.winenews.it, uno dei siti d’informazione sul vino più consultati del web, in collaborazione con Vinitaly, www.vinitaly.com, ha lanciato ai suoi oltre 9.500 enonauti, chiedendo quale fosse il vino dal nome più strano che conoscevano. E per rispondere c’era l’imbarazzo della scelta: in Italia vengono prodotti migliaia di vini diversi, e ogni anno ne nascono di nuovi. Ecco allora come si spiega la scatenata fantasia di produttori ed esperti di marketing, che devono ingegnarsi per trovare nuovi e fantasiosi appellativi. Sono centinaia le etichette originali segnalate dai 2.752 enonauti che hanno risposto al sondaggio di WineNews.
Queste le più particolari. Nell’enologia italiana sembra andare forte - come dimostra anche il vino vincitore del sondaggio - la categoria “nomi erotici”, con riferimenti espliciti o solo allusivi: ecco allora vini che si chiamano Ficaia, Passera delle Vigne, Scopaio, Baciami Subito, Bricco dell’Uccellone, o vitigni come il Nero di Troia, la Passerina, il Pelaverga. Molto gettonata anche la categoria “nomi poetici”, tra cui vale la pena menzionare vini dal nome Come la pantera e i lupi nella sera, Luna Selvatica, I nani e le ballerine, La Quadratura del Cerchio, BoccadiRosa, Morsi di Luce, Mille e una Notte, fino ad un produttore particolarmente ispirato che ha dato vita ad un’intera linea poetica composta da bottiglie che si chiamano Memoria, Elegia, Lirica e Madrigale. Non manca un’ampia sezione che attinge ai “nomi degli animali”: Insoglio del Cinghiale, Grilli del Testamatta, Tramonto d’Oca, Lupicaia, Occhio di Pernice, Bocca di Lupo, Avvoltore, Poggio Bestiale. Per i più colti ecco i vini con “nomi dal greco e latino”, dal Mater Matuta al Modus, dal Magno Megonio all’Ursa Major, dall’Anarkos all’Elos. Naturalmente non potevano mancare i “nomi in inglese”, forse mirati ad un mercato internazionale: si va dai (relativamente) semplici Wine Obsession o Five Roses, agli originalissimi Were dreams, now it is just wine e Pass the cookies! In my next life, I’ll be thin (lo stesso vignaiolo che produce quest’ultimo ha anche due etichette dal nome Toh! e Uh?).
Ma molti enonauti hanno fatto notare come anche tra le denominazioni e i vitigni autoctoni italiani non manchino appellativi strani e fantasiosi, come il Cacc’è Mitte, il Pagadebit, l’Est! Est!! Est!!!, il Sangue di Giuda, il Bramaterra, il Per’e palummo, lo Schioppettino, il Timorasso o lo Sciacchetrà. Insomma, la fantasia italiana sembra non avere limiti. Ma a quanto pare anche i cugini francesi non scherzano: basti pensare che, per conquistare i nuovi consumatori che preferiscono a volte prodotti più facili da acquistare e consumare, sono stati lanciati in Francia molti vini dai nomi di forte impatto, più facili da ricordare dei vecchi chateaux di difficile memorizzazione. Alcuni produttori hanno sfiorato l’eresia battezzando i loro prodotti con nomi inglesi, come ha fatto un'azienda della Languedoc che ha chiamato il vino “Red bicycle” - con sull’etichetta una persona stilizzata che cavalca un velocipede con una baguette sotto il braccio - o un'altra che ha chiamato il proprio vino ”Fat Bastard” (grasso bastardo) con un ippopotamo disegnato sull’etichetta.

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