La possibile introduzione della Igt Italia sta animando l’attuale dibattito nel mondo del vino italiano, anche per effetto della recente introduzione in casa dei “cugini” transalpini della denominazione “Vignobles de France”, che segue quella spagnola di “Viñedos de Espana”. E tra i tanti i produttori italiani contrari (da Zanella a Rallo, da Caprai a Planeta), su questo eventuale provvedimento, anche Angelo Gaja fa sentire la sua voce: “riconosco alle Igt di avere consentito ai produttori di esprimere creatività e fantasia ed alla fine di recuperare maggiore competitività sui mercati. Però una Indicazione Geografica “Tipica” Italia mi sembra francamente di troppo. Quel “Tipica” - prosegue Gaja - alla fine crea solo confusione facendo pensare a modelli definiti di profumo e di gusto che invece i vini ad Igt non posseggono perchè diversissime sono le condizioni pedoclimatiche così come le varietà e le mescolanze tra le stesse”.
E guardando alla storia e ai motivi che hanno portato l’enologia italiana ad adottare questo tipo di denominazione, Angelo Gaja osserva: “può sembrare un controsenso ma le Igt sono nate proprio per consentire di produrre dei vini che non sono chiamati a rispondere ad alcuna tipicità. Al momento il confine delle Igt è regionale. Si possono ipotizzare confini più ampi di quelli regionali - suggerisce il produttore piemontese - ma occorrerebbe inventare un nome nuovo, e farlo conoscere ai consumatori necessiterebbe di investimenti ingenti. Si è pensato allora di regalare alla denominazione Igt il nome più bello che abbiamo, Italia, e di fare così beneficiare alla potenziale Igt Italia dell’area di produzione più estesa possibile”.
Angelo Gaja si chiede poi: “attribuire la Igt Italia alle sole varietà internazionali? E’ un arrivare per ultimi - spiega - ad abbracciare una moda che sembra avere il fiato grosso quando è risaputo che le varietà che identificano il nostro paese sono ben altre, mentre le varietà internazionali si identificano con la Francia e con il nuovo mondo. Chiedere l’estensione della Igt Italia anche alle varietà autoctone? Sarebbe una vera imprudenza - continua il produttore piemontese - Il 90% dei consumatori esteri ha vaga/nessuna idea del significato di Doc, Docg ed Igt riportato sulle etichette italiane; mentre percepisce chiaramente il nome Italia e gli attribuisce valore. Si può tranquillamente ipotizzare che alla lunga Igt Italia affosserebbe la gran parte delle attuali Doc”.
Infine, Angelo Gaja critica l’attitudine tutta italica alla emulazione acritica “attribuire il nome Italia alla Igt perchè la Francia e la Spagna lo stanno già facendo prima di noi? Ma in quei paesi la nuova indicazione parte da zero - sottolinea il produttore piemontese - non ha storia alle spalle; mentre l’Igt ha alle spalle 15 anni di vita durante i quali molti dei più prestigiosi vini italiani (compresi quelli che vestivano la dicitura Vini da Tavola prima dell’entrata in vigore della 164) sono confluiti in essa attribuendole così un prestigio, una immagine elevata, che non corrispondono né agli obiettivi né alle strategie delle equivalenti denominazioni che stanno per entrare in vigore in Spagna ed in Francia”.
Angelo Gaja evidenzia anche gli effetti possibili di questa nuova denominazione: ”l’Igt Italia darebbe fiato ai vini a marchio aziendale; verrebbero senz’altro prodotti dei blend di tipo bordolese di ottima fattura, in grado anche di competere con i vini culto, i vini icona; solo che la specificità del vigneto e della provenienza non avrebbero più alcun senso perché i vini verrebbero costruiti in cantina con mescolanze di uve dalla provenienza più diverse”.
Da ultimo un piccolo passaggio anche sui rischi “legali” legati all’eventuale arrivo della Igt Italia: “non è che faremmo un passo indietro? - si chiede il produttore piemontese - I controlli sulla Igt Italia si estenderebbero all’intero paese e diventerebbero difficilissimi da eseguire. Uno scandalo più che possibile (dobbiamo aspettarci il giorno che la sabbia non arriverà più in tempo a coprire) sulla nuova Igt Italia caccerebbe nei guai tutto il vino italiano, anche quello di qualità. E la Igt Italia - chiude Gaja ironicamente - darebbe riconoscimento legale alla pratica di mescolare i vini del sud a quelli del nord: si faceva già una volta, di nascosto però, e si chiamava con un altro nome”.
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