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“E’ VERO CHE I MONACI MEDIOEVALI ERANO GRANDI BEVITORI? DI CHE COLORE ERA IL VINO NEL MEDIOEVO? IL CORANO PROIBISCE IL BERE?”. TUTTI INTERROGATIVI CHE HANNO TROVATO RISPOSTA A SPOLETO NEL CONVEGNO DELLA FONDAZIONE CENTRO DI STUDI SUL MEDIOEVO

Italia
Affreschi di Benozzo Gozzoli a Montefalco: il vino in tavola

E’ vero che i monaci medioevali erano grandi bevitori? Di che colore era il vino nel Medioevo? Il Corano proibisce il bere? Ad alcuni di questi curiosi interrogativi, che tante volte sono venuti alla mente degli enoappassionati, hanno risposto oggi a Spoleto, nel convegno, organizzato dalla Fondazione Centro di Studi sull’Alto Medioevo (Cisam), ed inserito nel cartellone dell’evento “I Vini nel Mondo”, docenti universitari e accademici d’Italia.

“I monaci - ha sottolineato il presidente del Cisam, il professore Enrico Menestò - erano grandi bevitori almeno 3 o 4 litri al giorno pro-capite, per un totale di 1.000 litri l’anno a persona”. Ed ha anche ricordato “che il capitolo 46 della Regola benedettina prescriveva invece un massimale di una mina al giorno, ovvero mezzo litro dei tempi attuali. Per questo già nei capitolari carolingi si arriva a proibire ai monaci la frequentazione delle osterie, ma si sa, il divieto scatta quando la consuetudine è già radicata”. Quanto al colore del vino non era come quello del mare, per citare un testo di Sciascia, bensì “color mogano”, ha spiegato il professore Tullio Gregory, Accademico dei Lincei e direttore del lessico intellettuale europeo del Cnr. Un colore dovuto allo scarso spessore della buccia, alle tecniche di acetazione, utilizzate nell’Alto Medioevo e, prima ancora dai romani, per condensare il vino che poi veniva sciolto con l’acqua.

Ed il Corano proibisce il bere? “Quanto al fatto che l’Islam proibisse fin dal VI secolo il bere, è una falsità - ha dichiarato Gregory, citando non solo brani in cui nel paradiso di Allah scorrono ben due fiumi di vino, ma anche i versi dei poeti sufi: “il vino è la bevanda dell’amore divino perché esso genera ebbrezza e oblio di tutto ciò che esiste al mondo … è la luce che brilla in ogni luogo, … è il vero richiamo …” e il paradiso, il luogo dell’incontro con Dio, è lì dove “ogni cosa ha bevuto questo vino”.

Il divieto di bere verrà più tardi e, per motivi igienici, perché l’acqua del Medioevo, con cui si scioglieva il nettare di Bacco, si “mesceva” cioè il vino addensato, era sporca, perché attinta dalle falde superficiali”, ha ricordato l’enologo Luca Maroni, conoscitore delle produzioni enologiche italiane.

Il mito del vino come simbolo della vita, dell’ebbrezza mistica, è anche nella mitologia ebraica. Noè, sceso dall’arca, pianta la vite prima di ogni altra cosa. Prima del frumento, ad esempio. Perché? “Gli esegeti danno una risposta finissima”, ha risposto ancora il professore Gregory , citando un detto latino sui desideri dell’uomo “prius quae necessaria, voluptaris requiverit”. “L’uomo non provvede se non ai beni che desidera, perché a quelli necessari provvede Dio”.

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