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“MENTRE IL MOSCATO CRESCE AUMENTA LA PREOCCUPAZIONE PER IL FUTURO DEL BRACHETTO”: LO DICE LA CIA DI ALESSANDRIA

Già si parla di vendemmia anticipata, e i produttori di Moscato e Brachetto si stanno domandando che cosa ne sarà delle loro produzioni. Si sono avviati gli incontri della Commissione Paritetica del Moscato, che deve stabilire la resa delle uve, alcuni aspetti dell’accordo triennale e l’adeguamento in base all’Istat del prezzo delle uve.
“Il forte incremento delle vendite del Moscato tappo raso - spiega Carlo Ricagni della Cia di Alessandria - cioè la grande importanza delle aziende medio-piccole che con una produzione di elevata qualità hanno dimostrato di poter penetrare mercati nuovi, riportando il Moscato sui tavoli della ristorazione più qualificata, aprendo altresì la strada anche all’industria, che oggi appare più interessata a questa tipologia di prodotto”.
Inoltre, il progetto di promozione relativo all’Asti speriamo dia buoni frutti e produca per le festività di fine anno i risultati positivi tanto auspicati. L’accordo non sembra difficile da raggiungere, ed è proprio l’industria a chiedere un aumento delle rese a 90 quintali per ettaro, per Carlo Ricagni “ciò è possibile ma occorre prestare attenzione a non creare nuove eccedenze, che comprometterebbero il buon lavoro di questi anni”.
Più complicata la situazione del Brachetto, dove una stagnazione del mercato, la diminuzione delle vendite sono la conseguenza di elevati investimenti in promozione, ma poco produttivi: “per questo - sostiene Carlo Ricagni - chi dirige da anni il Consorzio di Tutela dovrebbe fare una seria autocritica, poiché le conseguenze di questa politica hanno determinato una condizione di precarietà per i produttori”. Alle organizzazioni agricole, in un incontro, è stato comunicato che il Consorzio del Brachetto intende sottoscrivere un accordo che ridurrà a 50 quintali la resa per quest’annata agraria. Ancora una volta sono i produttori che devono accettare quanto deciso dagli industriali e dalle cantine sociali, e vedere i propri redditi ridursi di circa 900 euro all’ettaro.
La cooperazione non appare in grado di reagire a questa situazione, accettando una condizione che danneggia tutte le aziende agricole, anche quelle loro associate: “da tempo la nostra organizzazione - conclude Carlo Ricagni - non condivide le scelte prese dal Consorzio, che determinano un continuo abbassamento delle rese produttive senza un impegno reale dell’industria a sostenere la commercializzazione, creando uno strano oligopolio che danneggia principalmente i produttori agricoli”. Per il Brachetto è, quindi, ora di discutere le prospettive ed il futuro senza timori reverenziali nei confronti di chi ne ha deciso fino ad ora la sorte.

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