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RICERCA MEDIOBANCA: “PIU’ RICAVI E MARGINI DELLE IMPRESE ITALIANE”. L’UFFICIO STUDI: “UTILI AL 3,3% DI FATTURATO CONTRO L’11,9% DEI BIG ESTERE” … TUTTI I DATI DI BUSINESS DELLE IMPRESE D’ITALIA E DEL MONDO

Italia
Più ricavi e margini per le cantine italiane

Nel 2007, per le maggiori imprese vinicole italiane, ricavi e margini in crescita sempre più redditizie e patrimonialmente solide. E’ il quadro delle maggiori imprese vinicole italiane che emerge dall’indagine sul settore vinicolo realizzata dall’Ufficio Studi di Mediobanca, basata sui bilanci 2006 di 92 società italiane dal fatturato superiore a 25 milioni di euro. Le imprese vinicole italiane, oltre a realizzare utili in crescita, continuano ad investire ed a dare lavoro: tra il 2002 e il 2006, il numero dei dipendenti è cresciuto del 16,6%.
L’indagine prende in considerazione anche le grandi imprese vinicole estere: si tratta di nove grandi gruppi, tutti quotati in Borsa a differenza di quelli italiani. Il più grande, la statunitense Constellation Brands, fattura 3,96 miliardi di euro (la componente vinicola è di 3 miliardi), contro i 3,69 miliardi di euro dei ricavi aggregati delle 92 imprese italiane. Oltre alla Constellation Brands, le big mondiali del vino quotate in Borsa sono l’australiana Foster’s (2,96 miliardi di ricavi), che ultimamente si è rafforzata molto in Europa, la sudafricana Distell Group (569,6 milioni), la francese Boizel Chanoine Champagne (311 milioni), la cilena Vina Concha y Toro (307 milioni), la francese Vranken Pommery (268 milioni), la tedesca Sektellerei Schloss (259 milioni), la francese Laurent Perrier (236 milioni), l’australiana Australian Vintage (216 milioni); restano fuori grandi imprese come la californiana Gallo, non quotata, che vende 28 milioni di casse di vino l’anno.
Incomparabili i livelli di redditività: in media, l’utile netto delle nove major mondiali del vino ammonta all’11,9% dei ricavi nel 2006, contro il 3,3% di quelle italiane. Le imprese italiane, tuttavia, sono meno indebitate di quelle estere che, reduci da grandi campagne di acquisizioni, hanno debiti finanziari per 7,34 miliardi, superiori al capitale netto (6,71 miliardi), mentre per le italiane il rapporto rovesciato.
Due mondi molto lontani e quasi incomparabili, ma il quadro delle italiane, nel suo piccolo, è comunque positivo: il fatturato è cresciuto più nel 2007 (+6,7%) che nel 2006 (+4,7%), gli utili netti hanno raggiunto nel 2006 il massimo dal 2002, a quota 120,7 milioni (il 3,3% dei ricavi). Un’industria assimilabile a quella vinicola, come quella delle bevande, realizza però utili pari al 5,5% del fatturato, grazie ad una gestione finanziaria più vivace. E’ migliorato anche il Roi (return on investment, rapporto tra utile operativo e capitale investito), al 7,4% nel 2006 contro il 6,7% nel 2005, pur in presenza di un’ulteriore espansione del capitale investito.
Restano imprese patrimonialmente molto solide, con debiti finanziari inferiori (pari al 91,3%) del capitale netto. Nel 2007 sono cresciuti anche il flusso di cassa (+7%) e le vendite all’estero (+9,6%), a fianco di un calo negli investimenti (-30%), dovuto al picco di investimenti tecnici effettuati nel 2006 da alcuni operatori.
Il tutto malgrado la produzione, nel 2007, abbia accusato un calo del 14% dovuto a fattori climatici (dati dell’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin), il doppio del resto del mondo (-7%). Le aspettative della maggioranza delle imprese italiane per il 2008 sono comunque positive. I maggiori produttori del Paese per fatturato sono cinque, tre dei quali (le prime tre) sono cooperative.
Tornando al versante produttivo, nel 2006, la quota di produzione di vini Doc e Docg è calata dell’1,5%, ma conta comunque per un terzo del totale. E’ molto più di metà anni 80, quando valeva solo per il 10%, ma molto meno della Francia, dove la produzione di qualità copre una parte molto maggiore. Non è un aspetto secondario, poichè più la qualità è elevata, migliori sono i margini. L’Italia resta in ogni caso il maggior vignaiolo del mondo, appaiata con la Francia: nella Penisola viene prodotto il 30% del vino europeo e il 18/20% di quello mondiale.
L’industria vinicola italiana resta molto orientata alle esportazioni: il 46,6% del fatturato viene realizzato con le vendite oltreconfine, con un saldo attivo passato dai 760 milioni di euro del 1990 a 2,9 miliardi nel 2006. Quanto alle aree di destinazione, il 47,5% dell’export nel 2006 riguarda i Paesi europei, il 40% il Nordamerica e solo il 4% Asia e Oceania. Le imprese italiane restano molto legate al territorio, ma la tendenza sul lungo periodo, dal 1999 ad oggi, è comunque improntata ad un incremento della diversificazione geografica: il 58% produce in una sola regione, il 14% in due regioni, il 28% in più di due regioni, il 3% anche all’estero.
Le etichette (la rilevazione è limitata ai due terzi del campione) sono cresciute dal 1996 al 2008 del 31%: la media è di 90 etichette per azienda. Altro indicatore di buona salute, le spese pubblicitarie sono aumentate del 9% nel 2007 (+29% nell’ultimo biennio). Quanto alla distribuzione, la gdo assorbe il 44% delle vendite nazionali, hotel ristoranti e catering (in gergo Horeca) il 20%, enoteche e wine bar l’8%, il 9% sono vendite dirette al consumatore finale; per i grandi vini, il principale canale sono l’horeca e gli wine bar (73%); all’estero tra le grandi imprese è proseguito il consolidamento nel settore: nel 2006, i ricavi sono cresciuti di poco (+1,4%), mentre i margini sono migliorati.
Oltre alla Constellation Brands, le big mondiali del vino quotate in Borsa sono l’australiana Foster’s (2,96 miliardi di ricavi), che ultimamente si è rafforzata molto in Europa, la sudafricana Distell Group (569,6 milioni), la francese Boizel Chanoine Champagne (311 milioni), la cilena Vina Concha y Toro (307 milioni), la francese Vranken Pommery (268 milioni), la tedesca Sektellerei Schloss (259 milioni), la francese Laurent Perrier (236 milioni), l’australiana Australian Vintage (216 milioni). Restano fuori grandi imprese come la californiana Gallo, non quotata, che vende 28 milioni di casse di vino l’anno.
L’indice mondiale del settore vinicolo, infine, elaborato da Mediobanca (basato sulle società quotate e quindi non su quelle italiane), ha registrato nel 2007 una performance positiva (+4,7%), in un contesto mondiale di Borse crescenti (+5,1%). Nei primi due mesi del 2008 l’indice generale è in calo (-15,7%), in un contesto internazionale in regresso (-9,9%).

Le classifiche - I big nei bilanci ... italiani (nome, sede, azionariato, fatturato in milioni euro)
Gruppo Italiano Vini - Calmasino (Vr) - cooperativa 294
Caviro - Faenza (Ra) - cooperativa 281
Cavit - Ravina (Tn) - cooperativa 175
Ferdinando Giordano - Diano d’Alba (Cn) - misto 140
Antinori - Firenze - familiare 138

Le classifiche - I big nei bilanci ... stranieri (nome, paese, fatturato in milioni euro)
Foster’s Group - Australia - 2.963
Distell group - Sud Africa - 569
Boizel Chanoine Champagne - Francia – 311
Vina Concha y Toro - Cile - 307
Vranken Pommery - Francia - 268
Sektkellerei Schloss - Germania - 259
Laurent Perrier - Francia - 236
Australian Vintage - Australia - 216

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