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LA RIFORMA OCM NON SPOSTA LO STATUS QUO DELLA VITIVINICOLTURA UE, MA L’ASSETTO STORICO DEI VINI ITALIANI RISCHIA LA CANCELLAZIONE. L’INTRODUZIONE NEI VINI DA TAVOLA DEL NOME DEL VITIGNO E DELL’ANNATA CAUSA FRAINTENDIMENTI NELLA “PIRAMIDE QUALITATIVA”

Decisamente una riforma all’insegna della conservazione, che rinvia le soluzioni dei problemi di fondo del vino europeo, quella dell’Ocm vino (Organizzazione Comune del Mercato) in vigore dal prossimo 1 agosto. Tuttavia, con qualche confortante, seppure timido, segnale di trasparenza proveniente, per esempio, dalla formalizzazione nella Ue del divieto di vinificare e/o miscelare vini e mosti provenienti da Paesi terzi e da quello di servirsi delle pratiche enologiche più spregiudicate, consentite nei Paesi del Nuovo Mondo. Questo tema, spesso affrontato dal sito www.winenews.it, uno dei più consultati dagli enoappassionati sul web, sarà certamente al centro del dibattito a Vinitaly (Verona, 3/7 aprile).
Ma a ben guardare c’è una misura che rischia di portare con sé molta confusione nell’assetto del mondo del vino italiano, con possibili ripercussioni ad ampio raggio. Si tratta dell’introduzione anche per i vini da tavola dell’indicazione in etichetta dell’annata e del vitigno (peraltro un’informazione utile per il consumatore, ma allo stesso tempo del tutto in conflitto con la “piramide della qualità” istituita dalla Legge 164/1992, la legge quadro del mondo del vino italiano). La logica che sottende a questo orientamento comunitario risiede nel fatto che i vini a denominazione saranno i vini di territorio e quelli da tavola saranno i vini da vitigno, destinando al sistema delle denominazioni una formalizzazione sempre più vicina al modello delle Dop/Igp, che tutela l’origine, appunto, territoriale del prodotto. Se da un lato questa volontà di semplificare un sistema tendenzialmente complesso e non privo di contraddizioni appare uno sforzo condivisibile, dall’altro rischia di ridurre pericolosamente la distanza tra i Vqprd (Vini di qualità prodotti in regioni determinate) e i vini ad Igt (Indicazione Geografica Tipica), alimentando possibili confusioni. Per la Commissione, insomma, le regole di inquadramento, produzione e presentazione dei vini Vqprd dovranno essere molto simili a quelle vigenti per i prodotti Dop/Igp, mentre differiranno molto da quelle dei vini da tavola, un passaggio che però “salta” completamente la “piramide qualitativa” del sistema italiano (istituita nella legge 164/1992 e che prevede: Docg, Doc, Igt, vini da tavola) e che rischia di distruggere in buona parte il patrimonio di immagine e di identità di questi vini del Belpaese.
A livello normativo, le attuali Igt godono di disciplinari meno rigidi rispetto a quelli delle denominazioni d’origine, mentre con la nuova Ocm i futuri vini regolamentati sul modello delle Igp avranno la stessa rigorosa base normativa di quelli Dop. Questo nuovo scenario potrebbe tradursi in rigidità eccessive per un tipo di produzione, quella dei vini ad Igt, nata storicamente in Italia per trarre beneficio dal valore aggiunto della zona geografica senza, però, sottostare al rigore dei disciplinari delle denominazione d’origine. La proposta europea prevede poi che gli Stati membri istituiscano le disposizioni legislative necessarie per conformarsi alle nuove procedure al più tardi entro il 1 agosto 2009, il che significa una necessaria modifica della legge base delle denominazioni italiane (164/92) entro un anno “secco” dall’entrata in vigore dell’Ocm. Inoltre, è prevista l’apertura di un albo per la tutela dei nomi dei vitigni storici, tradizionali o a diffusione locale, peraltro ancora non presentato dalle autorità italiane, che saranno vietati sulle etichette dei vini da tavola. Attualmente non c’è ancora un testo definitivo del nuovo Ocm e quindi potrebbero esserci ancora assestamenti, limature e possibili ulteriori variazioni.
Questi gli altri provvedimenti presenti nel nuovo Ocm:
Estirpazione: programma volontario per 175.000 ha complessivi, per una durata di tre anni. Non potrà essere estirpata più dell’8% della superficie a vigneto nazionale; escluse le zone di montagna e quelle a forte pendenza, e il 3% delle vigne potranno essere escluse per misure ambientali;
Liberalizzazione impianti: il regime attuale è stato prorogato fino al 2015 ma potrà continuare fino al 2018 in ambito nazionale/regionale;
Arricchimento vini: è limitato al 3% nei Paesi del grande Nord, al 2% nel Centro Europa (gran parte di Francia e Germania) e all’1,5% nei paesi del Sud dove si aggiunge mosto di uva. Più uno 0,5% in caso di particolari condizioni climatiche;
Aiuto ai mosti: la misura è prorogata per altri 4 anni nella soluzione attuale, poi ci sarà una verifica. Bruxelles apre al disaccoppiamento degli aiuti dalla produzione;
Bilancio: l’Italia potrà contare nel primo anno di applicazione della riforma su 251,3 milioni di euro che passeranno a 376,4 nel 2015. Ridotti i trasferimenti verso il mondo rurale: nell’Ue passeranno da 400 a 150 milioni di euro;
Misure di mercato: il fondo nazionale permetterà di finanziare misure di adeguamento della filiera produttiva, di distillare i sottoprodotti della distillazione (fecce e vinacce), di adottare la distillazione di crisi per quattro anni con la possibilità di concedere aiuti di Stato per arrivare fino ad un massimo del 20% del fondo nazionale disponibile. Dal quinto anno si potrà utilizzare per la distillazione di crisi solo il 15% dei fondi nazionali. L’alcol ottenuto dalle distillazioni potrà ricevere un aiuto solo se utilizzato per scopi industriali ed energetici;
Doc/Igt: per questi vini c’è l’obbligo di vinificazione nella zone di produzione.

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