“L’origine di un vino? Certo che è possibile tracciarla dal contenuto di una bottiglia!”. Donato Lanati, enologo e fondatore di uno dei più autorevoli centri di ricerca enologici d’Italia, Enosis Meraviglia, risponde così ai microfoni di Winenews.tv, intervistato sull’argomento.
“Innanzitutto c’è un metodo, che dovremmo essere i primi al mondo ad utilizzare, che è quello degli isotopi dei metalli pesanti e dei lantanidi. La matrice del terreno passa, indelebile, attraverso la pianta, il frutto, e poi arriva al vino. Questo non dice - precisa Lanati - che varietà c’è dentro, ma l’origine è importante, denominazione d’origine controllata vuol dire controllare l’origine”. Una matrice che non è soggetta a variabili come gli “isotopi dell’idrogeno e dell’ossigeno - prosegue Lanati - che sono elementi leggeri, risentono molto dell’andamento climatico, di quello che succede nel grappolo, del microambiente. Allora bisogna analizzare il terreno e il vino. Non sempre si fa una banca dati”. In Italia, sempre secondo Lanati, le banche dati di questo tipo non ce ne sono, “cominciamo quest’anno dalla Sicilia - aggiunge - che ha aderito a questo progetto”.
È possibile capire, dall’analisi del contenuto, con quali vitigni è prodotto quel vino? “No. L’analisi riesce a sapere - risponde Lanati - se quel vino, dove la denominazione d’origine controllata e garantita prevede un solo vitigno, è in purezza oppure no. “Azzardare” quali altri vitigni ci sono dentro - aggiunge - è possibile, attraverso l’analisi dei rapporti non tanto degli antociani, quanto degli aromi e dei precursori degli aromi”.
“Sapere - ribadisce Lanati - se è in purezza è facile, e il metodo è sempre preciso: precisissimo sui vini giovani, e per noi i vini di 3-4 anni sono giovani. Non è preciso su vini di 30 anni, perché certe cose cadono, però si basa sul concetto che se nell’uva c’è “due”, nel vino non ci può essere “cinque”.
“La presenza di altri vini nell’ordine del 2% - spiega ancora Lanati - è un po’ scarsa nel tempo, ma se si tratta di un vino giovane il metodo di analisi funziona lo stesso; se invece fosse un vino di quattro anni il 2% sarebbe un po’ poco”.
Quindi esiste, assicura Lanati, una soglia oltre la quale si individua senza problemi il ricorso ad altri vitigni. Queste analisi, in Italia, hanno valore legale?
“È il magistrato che decide se hanno valore legale. Le analisi sono legali dal 1936, i grandi industriali non hanno mai più voluto nessuna analisi ufficiali. Il magistrato dice che è legale, perché ci sono pubblicazioni e perché 45 Paesi al mondo che fanno parte dell’Oiv (Organisation Internationale de la Vigne et Vin). E dal momento che anche l’Italia ne fa parte, l’accetta anche lei”.
Nell’adozione di questa metodologia di analisi la Germania, per esempio, “è decisamente avanti . Per esempio - sottolinea l’enologo - c’è una ricercatrice, che si chiama Holbach, che lavora per lo stato. Questo metodo è stato presentato all’Oiv dai tedeschi”.
Ed in Francia?
“In Francia si fa un grande controllo sul Pinot Nero, soprattutto nella zona della Cote de Nuit. A Beaune prendono circa mille campioni all’anno in giro per il mondo, così controllano che non ci siano tentativi di imitazioni e che non ci siano bottiglie che non sono le loro, e controllano anche i produttori”.
“Se vogliamo differenziarci dall’omologazione con le denominazioni di origine, che sono la grande differenza che abbiamo rispetto al resto del mondo - aggiunge - dobbiamo garantirle, e non con un pezzo di carta. Bisogna introdurre nel metodo un controllo, come quello della tracciabilità scientifica, al di là del fatto che in questo momento ce l’abbiamo noi; poi ce l’avrà la Repressione Frodi perché ci ha chiesto di passargli il metodo. C’è da aspettarsi comunque qualcosa - chiosa Lanati - perché non è logico che facciano le cose solo a Montalcino ...”.
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