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FONTE ANSA - FRANCIA: LA CRISI COLPISCE LANGUEDOC. LA RABBIA CONTRO IL GOVERNO E L’UNIONE EUROPEA. “VIGNERONS” COSTRETTI AD ESTIRPARE VITI E RICONVERTIRE COLTURE

“Con la riforma dell’Organizzazione Comune dei Mercati (Ocm), l’Unione Europea ha dimostrato di essere stalinista”. La pensa così Romain Marchesi, “vigneto” di origine italiane di Limoux, nell’Aude, uno dei cinque dipartimenti del Languedoc Roussillon. E’ un malessere, quello che denuncia il produttore, comune alle migliaia di viticoltori della regione ormai sul lastrico a causa dei debiti dovuti al crollo dei prezzi, all’aumento dei costi di produzione e alla tassazione.
La rabbia, spiega, è tanta, anche nei confronti del Governo francese. “Parigi non ci difende. Anzi, l’Eliseo acquista vino dall’Argentina per vendere Airbus. Per il Governo i piccoli produttori sono soltanto un costo da eliminare”. Nonostante le misure adottate dall’esecutivo (aiuti diretti, prestiti, possibilità di distillare le eccedenze, riduzione della tassazione - compresa quella sui terreni agricoli - estirpazione temporanea o definitiva delle viti in cambio di indennizzi) gli animi non si placano. Aumento del prezzo del gasolio, cambiamento delle abitudini dei consumatori (più estimatori del vino di qualità e poco interesse da parte dei giovani a questo tipo di bevanda) e controlli più severi sulle strade, hanno fatto il resto. Molte aziende stanno scomparendo, tanti riconvertono i loro vigneti in altre colture. Negli ultimi venti anni la regione ha cambiato totalmente fisionomia.
Alla fine degli anni Ottanta, infatti, il Languedoc produceva 30 milioni di ettolitri, nel 2007 ne sono stati prodotti 15. E le previsioni del Ministero dell’Agricoltura francese per la vendemmia 2008 - calo complessivo della produzione nazionale del 10% sulla media degli ultimi 5 anni - non lasciano presagire nulla di buono, come ha sottolineato ieri anche la Coldiretti italiana, parlando di uno storico sorpasso dell’Italia sulla Francia.
“Un tempo spiegano i responsabili marketing della cantina cooperativa “Anne de Joyeuse” - una delle più influenti del Limouxin, con i suoi 800 soci - su di 1 ettaro si poteva produrre 100 ettolitri, oggi molte cantine non vogliono che si superino i 40-50 ettolitri”. Un cambio di mentalità costato molto caro a tanti viticoltori. “Eppure c’è ancora chi si ostina ad annaffiare la vite. Non comprendendo che il nostro futuro è nella qualità e non nella quantità”.
C’è poi la conversione delle colture, costosa per via del terreno calcare e argilloso. Alberi da frutto, mele, albicocche, pesche, ciliegie e ulivi hanno preso il posto delle viti. E così, in base ai dati dell’Institut national de la Statistique et des Etudes (Insee), nel 2007, il giro d’affari dei viticoltori del Languedoc Roussillon è stato inferiore a quello dell’arboricoltura. Non tutto il male viene per nuocere, però, affermano dal Syndicat du Cru del Minervois. “Nota fino a 20 anni fa per la qualità piuttosto ordinaria dei suoi vini e per il fatto che fosse la zona più produttiva di tutta la Francia, oggi questa regione è riuscita a ottenere numerosi vini in Aoc” (Doc, secondo la classificazione italiana, ndr). Inoltre, produttori di altre regioni hanno manifestato il loro interesse per i “terroirs languedociens” (spazio geografico con caratteristiche omogenee quali il suolo e il clima), come la baronessa Philippine de Rothschild - proprietaria di uno dei più famosi chateaux di Francia, Mouton Rothschild - che nel 1998 ha acquistato con i suoi due figli il Domaine Baron’Arques di Saint-Polycarpe.
Eppure le preoccupazioni non mancano: dei 30.000 ettari che dovrebbero essere estirpati in tutta la Francia, gridano i viticoltori, 24.000 provengono dal Languedoc Roussillon. In 20 anni, 220.000 ettari sono stati distrutti. Oggi ne restano 280.000 ettari. “E domani?”, si chiedono.
Fonte: Ansa - Autore: Cristiana Missori

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