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“GLI IMPREPARATI CERCANO CON I LORO MEZZI MENTALI DI PROPORRE SOLUZIONI, MA TROPPO FACILE SAREBBE RICONOSCERE I VITIGNI DAL COLORE DELLE FOGLIE. PIÙ SEMPLICE IL DNA”. IL PROFESSOR SCIENZA SULLA FANTASIOSA PROPOSTA ADUC SU CONTROLLI VISIVI IN VIGNA

Italia
Attilio Scienza, ordinario di viticoltura Università di Milano

Pochi giorni fa l’Aduc, Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori, ha chiesto al Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia di “controllare i vitigni autoctoni in questo periodo, quando con frutti e foglie è possibile individuarli con facilità anche con una semplice ispezione visiva”. WineNews, su questo argomento, sinceramente un po’ fantasioso, ha voluto chiedere un’opinione ad uno dei personaggi più autorevole della viticoltura italiana: Attilio Scienza, ordinario di viticoltura all’Università di Milano.

Quella dell’Aduc, è una richiesta fondata o una provocazione, professor Scienza?

“Come sempre le persone che non sono preparate - risponde il professor Attilio Scienza, una delle massime autorità a livello mondiale nel campo della ricerca in vitivinicola - cercano con i loro mezzi mentali di proporre delle soluzioni, ma troppo facile sarebbe riconoscere le varietà dal colore delle foglie. Certamente l’ampelografia è una disciplina della viticoltura e permette di distinguere tra le varietà, ma adesso è inutile andare sulle foglie quando basta l’analisi del Dna, è molto più semplice e molto più sicuro. Basterebbe raccogliere materiale, analizzare il Dna e saremmo sicuri di che varietà è”.

Al di là della sua fondatezza o meno, questa richiesta, allora, è forse la spia di un’esigenza di sapere che, quali che siano, esistano dei controlli per rassicurare il consumatore?

“Io penso - spiega Scienza - che ci sono due fenomeni culturali. Il primo è quello della paura. Noi viviamo nella paura, abbiamo paura del diverso, del migrante, abbiamo paura per bere per mangiare, per la salute, per il terrorismo. Abbiamo creato la nostra vita in un clima di paura di tutto ciò che non conosciamo”.

“La seconda cosa - continua il professore - è che non ci si fida più di nessuno. Il nome sull’etichetta, la garanzia di un’azienda seria, di una famiglia, non conta più niente. Tutto ciò che avevamo di abbastanza, non dico sicuro, ma garantito, non c’è più, abbiamo perso i punti di riferimento.

La Doc è quella che è, le famiglie in etichetta mettono quello che vogliono, e allora il consumatore è molto spaventato e cerca nelle analisi e nei metodi oggettivi una soluzione ai suoi problemi”.

Cosa fare allora?

“Io penso - conclude Scienza - che la cosa fondamentale non sia proporre un sistema di controlli, perché una volta fatto si trovano dieci uscite da quel controllo. È più un problema di ridare fiducia alla gente, di fare in modo che ci sia intorno a noi un clima di fiducia. Fatto quello potremmo bere tranquillamente senza dover pensare che in quella bottiglia c’è qualche cosa che non corrisponde all’etichetta.

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