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LA SANITÀ DELLE UVE, MOLTO SPESSO EVOCATA DA TECNICI E VIGNAIOLI, NON COINCIDE CON LA NOSTRA SALUTE ... ALMENO STANDO AI DATI “SNOCCIOLATI” DA “REPORT”, LA TRASMISSIONE DI RAI 3 CONDOTTA DA MILENA GABBANELLI

Italia
Sanità nelle uve ...

A giudicare dalla serie di dati forniti nella trasmissione “Report” di Milena Gabbanelli, in onda su Rai Tre, ieri 1 dicembre, con il titolo “Il piatto è servito”, sembrano esserci pochi dubbi: i vini, in generale, contengono molto spesso un mix micidiale di pesticidi, anticrittogamici e fitosanitari, che senza inutili giri di parole, rappresenta un serio rischio per la nostra salute.

Secondo Piero Riccardi, il giornalista autore dell’inchiesta di “Report”, i dati Eurostat sui pesticidi usati nei vigneti italiani evidenziano che “lo zolfo dal 1992 è diminuito del 300%” e che nello stesso periodo “il mancozeb è aumentato del 150%”. Il giornalista, allora, si domanda cosa sia il Mancozeb, arrivando alla risposta che è “il prezzemolo dei pesticidi”.

Si tratta in effetti di uno dei principi attivi più utilizzati al mondo, a partire dagli anni ‘50. In viticoltura, viene impiegato come fungicida e usato come trattamento per contatto fogliare, specialmente come anti-peronosporico. Il suo principio attivo, l’etilenbisditiocarbammato, fa parte di quella famiglia di sostanze chimiche (carbammati/ditiocarbammati), da tempo sospette di essere cancerogene e capaci di arrivare fino alla bottiglia, nel senso che le loro molecole possono essere rinvenute, tramite adeguata analisi, intatte nel vino finito (si veda in proposito vari studi a partire, per esempio, da quello di Trioli - Colagrande su Vigne e Vini n. 9 del 1990, ndr).

Morando Soffritti del prestigioso e indipendente Centro studi internazionale di ricerche sul Cancro Ramazzini, intervistato dal giornalista di “Report”, spiega che i risultati di uno studio realizzati dall’Istituto di Bologna di cui è direttore “hanno dimostrato come il mancozeb sia in grado di produrre vari tipi di tumore, in particolar modo leucemie, tumori mammari, epatocarcinomi e tumori della ghiandola di zimbal”. E aggiunge che nonostante questo “il mancozeb continua ad essere utilizzato e che le normative che avrebbero dovuto scattare a seguito dei nostri risultati non si sono attivate”.

Naturalmente il problema non è solo italiano. Piero Riccardi, infatti, interpella anche il francese Francois Veilleret del Movimento per i diritti delle generazioni future, che afferma: “se nelle vigne europee che coprono il 3% della superficie agricola si sparano il 20% di tutti i pesticidi, nel vino cosa troveremo? Con i nostri colleghi europei abbiamo analizzato qualche decina di bottiglie di vino rosso e abbiamo mostrato che il 100% dei vini che deriva da viticoltura intensiva conteneva residui di pesticidi. Sia in Borgogna che nel Bordeaux abbiamo trovato bottiglie di alta qualità contaminate con … uno, due, tre, quattro … 9 residui differenti, un cocktail tossico. A livelli a volte molto alti come nel caso di un Bordeaux di alta qualità, dove c’era un livello di Pirimetanil di 233,8 microgrammi per litro che è 2 mila 333 volte il limite ammesso nell’acqua, nell’acqua da bere, di rubinetto. Più di 2 mila 300 volte - conclude Veilleret - inaccettabile per una sostanza classificata possibile cancerogena”.

Il problema più grosso, dunque, sono le miscele, i cocktail di residui che possono trovarsi in una bottiglia. A livello di singola sostanza, magari, si rispettano i limiti ammessi, ma mai nessuno si preoccupa di studiare e verificare il potenziale nocivo dell’insieme dei vari composti, che possono essere presenti contemporaneamente in un vino. “Se una persona - spiega ancora Morando Soffritti - non è esposta ad amianto e non fuma il rischio di cancro del polmone mettiamo che sia 1. Se una persona è esposta ad amianto e non fuma il rischio di cancro polmonare è di circa 10 volte. Se fuma e non è esposta ad amianto il rischio è di circa 13, 14, 15 volte, ma se fuma ed è esposta ad amianto il rischio arriva a 50, 60 volte. Per cui quando si dice, beh, noi studiamo gli effetti cancerogeni di 1 sostanza ad altissime dosi, è vero, ma è un’unica sostanza che noi studiamo. L’uomo è esposto a micro quantità di tante sostanze cancerogene, le quali si potenziano l’una con l’altra ed è per questo che la nostra era è caratterizzata da questa rapida crescita della incidenza dei tumori e delle patologie degenerative”.


L’approfondimento - Che cos’è il mancozeb

Il mancozeb è uno dei principi attivi più utilizzati al mondo, possedendo un ampio spettro d’azione. In viticoltura, viene impiegato come fungicida e utilizzato come trattamento per contatto fogliare. È un composto chimico di sintesi, caratterizzato sia da un elevata azione biologica, sia da una lunga persistenza sulle foglie. Nella sua fase degradativa, può dare origine all’etilentiurea, sostanza cancerogena. In viticoltura è usato come anti peronosporico e contro antracnosi, escoriosi, marciume nero e rossore parassitario. Il suo uso è vietato dopo l’allegagione. (Classificazione CE: Irritante; Tempo di sicurezza: 28 giorni; Dosi di impiego: Con formulati all’ 80% di principio attivo: 150-200 g/hl per la vite). E’ prodotto, tra gli altri, da Bayer e Du Pont. Approvato in sede comunitaria con direttiva 72/2005 CE del 21 ottobre 2005.

Franco Pallini

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