La crisi segnerà la fine dell’effetto terroir come garanzia di successo per i produttori di vino? Forse no, ma “l’effetto ombrello garantito dal terroir come una sorta di polizza indistinta di qualità per i prodotti proveniente da quel territorio probabilmente uscirà abbastanza modificato”. Ne è convinto Edoardo Narduzzi, presidente di Synchronya ed esperto di “wine economics”. Quindi la leva del territorio per vendere vino e posizionarlo su prezzi elevati è destinata a perdere forza?
“Per la verità i pochi studi scientifici fatti sull’effetto terroir in termini di riconoscibilità del terroir stesso tra i consumatori, e del loro interesse di pagare un “premio terroir” - spiega a WineNews Narduzzi - non erano molto favorevoli anche prima della crisi. I consumatori dei Paesi non produttori di vino, normalmente, conoscono in maniera marginale il territorio rispetto ai suoi specifici prodotti. La crisi comunque segnerà un punto di svolta: non tutto quello che viene dal terroir sarà pagato a premio dai consumatori, soprattutto internazionali, e quindi i produttori dovranno individuare dei nuovi rapporti qualità prezzo e contare di meno che in passato sul poter fare prezzi alti solo perché sull’etichetta del vino c’è una denominazione di origine che li riconduce a un territorio blasonato”.
E allora su cosa puntare? “Sicuramente aumenterà il peso del brand e il suo “abbinamento storico” ad un terroir, la storia che questo brand ha potuto produrre in termini qualitativi negli anni, e la capacità di fare marketing in maniera innovativa valorizzando anche gli altri aspetti qualitativi del vino, oltre all’origine”. E allora quale sarà il destino di quelle cantine che si sono appoggiate moltissimo al terroir per vendere e valorizzare i propri vini? “La crisi sicuramente si fa sentire, i prezzi sono diminuiti, ma è anche vero che sui prodotti di fascia alta le aziende avevano dei margini di profitto considerevoli e quindi l’effetto terroir era generoso. Ma continuare a crescere senza una strategia rinnovata diventa oggettivamente difficile a prezzi più bassi, e con delle quantità prodotte comunque elevate. Credo che più che rischiare di fallire è possibile che le aziende in difficoltà cerchino di farsi comprare da chi è più capace a valorizzare il brand”.
Quella dei prezzi al ribasso sembra comunque una conseguenza ineludibile della crisi, ma riguarda solo il vino o anche il valore dei terreni e delle aziende? “I prezzi dei terreni sono già scesi significativamente negli ultimi 18 mesi, anche in territori in portanti e con cali a doppia cifra sulla media 2007. E poi è sempre più difficile trovare acquirenti disponibili a immobilizzare capitali in questo tipo di investimento. Ma se da qui a 2-3 anni le aspettative inflazionistiche prendono corpo - conclude Narduzzi - l’investimento in beni immobiliari legati al vino è una copertura interessante per gli investitori, come gli immobili di pregio”.
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