C’è una nuova stella nel firmamento enologico, è la “Star of Bethlehem”, il nuovo bianco della cantina Cremisan, in Terra Santa, vicino a Gerusalemme, nato dal progetto che vede la collaborazione di Riccardo Cotarella, uno degli enologi più importanti d’Italia, e il lavoro di ragazzi italiani e palestinesi. L’etichetta ha fatto il debutto ufficiale nel convegno dello Studio di consulenza enologica di Riccaro Cotarella: “il progetto è cominciato nel 2008 - spiega a WineNews Emanuela Chiang del Vis, Volontariato internazionale per lo sviluppo - e ora abbiamo presentato ufficialmente il primo nuovo vino. Ma sono in arrivo altri due bianchi da vitigni autoctoni, e poi un rosso. Il progetto vuole sostenere, con gli introiti della cantina, le opere salesiane nel Medio Oriente, rivolte a giovani provenienti da famiglie vittime della guerra, del muro di separazione, e anche della disoccupazione e dell’emarginazione. Il miglioramento del vino produrrà buoni introiti che sosterranno opere sociali. Stiamo muovendo i primi passi nel mondo del vino italiano, ci aspettiamo un discreto successo, che sarà possibile con l’aiuto dei partner e con l’interesse che produttori e distributori italiani ci testimoniano”.
Focus - Il progetto della Cantina di Cremisan di scena a Vinitaly dal 8 al 12 aprile 2010
La Casa Salesiana di Cremisan
Ad 850 metri sul livello del mare sorge la casa Salesiana di Cremisan, molto vicino al confine tra Israele e la West Bank, nei pressi del villaggio di Beit Jala. Costruito nel 1885 sulle rovine di un monastero bizantino del settimo secolo, la Casa dei Salesiani, tra Betlemme e Gerusalemme, è in una zona considerata uno dei più antichi insediamenti agricolo-artigianali, risalenti all’Età del Bronzo, della Palestina. Qui sono stati rinvenuti antichi terrazzamenti, primitivi torchi vinari e strutture dedicate alla frangitura delle olive.
Il muro di divisione tra Israele e la Palestina sul terreno di Cremisan
In un territorio immerso da così tanto tempo nel conflitto e dove tuttora la pace è un traguardo lontano, il lavoro del Salesiani, con le loro 5 Case in Terra Santa si propone di essere un esempio pacifico di tolleranza. In un’area ferita dalle guerre, dalla difficile convivenza religiosa, dalla chiusura dei territori, dai problemi culturali - la religione islamica, non prevedendo il consumo di vino, alleva solo uva da tavola - gli eredi di Don Bosco sono riusciti a mantenere la presenza cristiana in Terra Santa; ciò ha garantito formazione e, come nel caso della cantina, lavoro alle fasce più deboli della popolazione locale. “Barriera di sicurezza”, come lo chiamano gli Israeliani, o “barriera della vergogna”, come, invece, lo definiscono i Palestinesi, il muro, che separa le due terre, attraverserà anche questi terreni.
Il vino: una sfida per la riunificazione
I vigneti si troveranno tagliati in due tra Palestina ed Israele, ma andranno a produrre varie qualità di vino sotto un’unica etichetta: Cremisan. Il vino, quindi, simbolo importante per la religione ebraica, quanto per la religione cristiana, rappresenterà il tentativo di dialogo tra israeliani e palestinesi. Questo sarà l’impegno dei salesiani e del Vis che stanno lavorando a questo progetto. La cultura agricola, propria di questo territorio, in cui il vino rappresenta una fonte importante di lavoro, potrebbe inserirsi come strumento di dialogo nel conflitto laico e politico che ferisce questo Paese.
La Cantina di Cremisan
Il progetto mira alla valorizzazione e allo studio dei vitigni autoctone. In particolare per le nuove produzioni vinicole, ci si è concentrati sui vitigni chiamati Hamdàni-Jàndali, Daboùki e Bàladi. Grazie alla presenza in loco di un enologo, Andrea Bonini, un agronomo italiano, Roberto Paglierini, e della collaborazione dell’Università di Hebron e dell’Istituto Agrario S. Michele all’Adige, si intende approfondire lo studio di queste e di altre specie. La cantina produce e vende 7 qualità di vino da tavola - Blanc de Blancs, Chardonnay, Old Hock, Cotes de Cremisan, David’s Tower, Cabernet Sauvignon e Vecchio Rosso - oltre a Marsala, Messa e Port, vini da dessert. La gamma di Cremisan si completa poi con il famoso Cremisan Brandy, l’olio d’oliva, l’aceto e il succo d’uva. Il periodo della vendemmia dura circa due mesi, da fine luglio - quando si ricevono le prime uve bianche dalla Casa Salesiana di Beit Gemal - sino a fine settembre, quando maturano le uve autoctone nella zona di Shaffa. La commercializzazione dei prodotti avviene in maniera diretta - tramite lo spaccio aziendale - e indiretta, attraverso cinque distributori che si consegnano direttamente a ristoratori, albergatori e negozianti nelle relative aree di competenza: Amman, Governatorato di Betlemme, Gerusalemme, Galilea e Ramallah. In tutto, gli esercizi serviti ammontano a circa 250. Una quantità di prodotto più limitata - ma estremamente significativa dal punto di vista simbolico - viene distribuita alle comunità religiose locali.
Prima della Seconda Intifada i volumi delle vendite raggiungevano la quota di oltre 400.000 bottiglie l’anno. La punta massima di vendita si è registrata nel 1999 con 439.466 bottiglie. Mediamente uscivano dalla cantina 80 cartoni al giorno. Il precipitare della situazione politica ha reso, in seguito, estremamente difficoltosa qualunque fase della lavorazione, dall’approvvigionamento dell’uva alla commercializzazione. Le vendite sono crollate drasticamente, registrando un record negativo di 138.073 bottiglie nel 2001. Dal 2004 ha avuto avvio una lenta ma progressiva ripresa e nel 2006 è stata superata la quota delle 200.000 bottiglie vendute.
I partner
del progetto di riqualificazione della Cantina di Cremisan. Il progetto del VIS per lo Sviluppo si avvale della partnership e della professionalità di Riccardo Cotarella, uno dei più apprezzati e stimati wine maker a livello internazionale, Stefano Cimicchi, già Sindaco di Orvieto e oggi Presidente dell’Azienda di Promozione Turistica dell’Umbria, il professor Melissano già docente all’Università di Trieste. Inoltre, il progetto è sostenuto dalla Provincia Autonoma di Trento dal Consorzio Civielle - Cantine della Valtenesi e della Lugana. Gli obiettivi sono la riqualificazione del territorio e della cantina, salvaguardando da un lato le specie vitigne autoctone e dall’altro garantendo posti di lavoro per la popolazione locale, con il fine ultimo di produrre introiti destinati al sostegno delle molteplici attività socio formative dei Salesiani in Terra Santa.
I lavoratori di Cremisan
In 125 anni di storia, la Casa Salesiana e la Cantina di Cremisan sono diventati un vero e proprio punto di riferimento, direttamente o indirettamente, per numerose famiglie palestinesi. Cremisan da lavoro stabilmente a circa 15 persone, provenienti dai vicini villaggi di Al-Walajeh e Beit Jala, a cui vanno aggiunti sia i lavoratori stagionali, sia gli artigiani e i commercianti coinvolti nell’indotto.
E grazie ai proventi ricavati dalla vendita del vino, ogni anno 1.650 giovani partecipano alle attività formative e educative presso gli Istituti Salesiani di Terra Santa.
Un investimento sulle nuove generazioni locali per il futuro di Cremisan
Nel progetto si è tenuto conto di formare personale locale. Tra gli operai presenti nella cantina di proprietà dei salesiani, ci sono operai mussulmani. Ma per gestire la cantina da un punto di vista tecnico si è pensato di dare la possibilità a due ragazzi arabo cristiani di formarsi per tre anni nell’Università di S. Michele all’Adige di Trento. Laith Kokaly, di Beit Sahour, nato nel 1986, laureato oltre alla buona formazione di base, all’interesse per il mondo vitivinicolo sviluppato attraverso numerose visite a Cremisan e un carattere assolutamente affabile, è stato selezionato anche per la sua maturità, che dava maggiori garanzie rispetto ai giovani diciottenni. Fadi Batarseh di Beit Hanina, un sobborgo alla periferia di Gerusalemme, abitato prevalentemente da popolazione araba. Un giovane molto studioso e con ottimi risultati scolastici. Un ragazzo, come tanti, con una carta di identità di “residente permanente” di Gerusalemme... un “non cittadino” con il privilegio (in Palestina lo è) di poter circolare liberamente sia in Israele sia nei Territori Palestinesi.
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