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RIPRESA O CASO AZIENDALE? NEL SEGNO DEL PINOT GRIGIO, IL SUO FIORE ALL’OCCHIELLO, SANTA MARGHERITA FESTEGGIA I 50 ANNI NELLE SUE CANTINE KETTMEIR A CALDARO, “REGALANDOSI” UN +9% DI FATTURATO SU 2009 (38 MILIONI DI EURO) … E PREVEDE DI CRESCERE ANCORA

Italia
Ettore Nicoletto

50 anni al gusto di Pinot grigio, oggi davvero un cult negli States e in Canada. Un varietale emblema di vino bianco italiano nel mondo e simbolo by Santa Margherita, realtà imprenditoriale di eccellenza nel panorama del vino italiano e tra i protagonisti del mercato vinicolo internazionale che, oggi a Bolzano (nelle sue cantine Kettmeir a Caldaro), ha spento le cinquanta candeline.
Ma lasciamo perdere “festeggiamenti & convenevoli”, seppur importanti, per segnalarvi un dato rilevante, che l’ad Ettore Nicoletto ha messo giustamente in risalto: Santa Margherita (di proprietà della famiglia Marzotto, ndr), nel primo semestre 2010, ha realizzato un +9% nel fatturato sul 2009, che ha così toccato i 38 milioni di euro, tenendo anche sui prezzi medi di vendita dei suoi vini nel mercato domestico ed internazionale. E non finisce qui: “nel 2010, stimiamo - spiega - una robusta crescita di fatturato che dovrebbe avvicinarsi ai 90 milioni di euro, grazie al consolidamento delle posizioni sul mercato italiano (+ 2,5%), all’export in forte ripresa e all’acquisizione di nuovi canali, con ampi margini di sviluppo in Estremo Oriente”. Nicoletto chiude poi spiegando che “questi risultati positivi sono il frutto di lavoro di marketing e di politiche commerciali”, ma che si basano “su standard elevati dei nostri prodotti e da una particolare attenzione rivolta ai territori che compongono il mosaico enologico di Santa Margherita”.
Il gruppo vinicolo Santa Margherita è composto da un mosaico enologico in cui sono rappresentate un po’ tutte le principali regioni enologiche italiane: la Franciacorta, con Ca’ del Bosco; l’Alto Adige, con Kettmeir; il Trentino, con Santa Margherita; il veneto Orientale ed il Prosecco ancora con Santa Margherita e Torresella; in Toscana, il Chianti Classico, con Lamole di Lamole e Vistarenni, la Maremma con Tenuta Sassoregale; la Sicilia, con Terrelìade.

Focus - Il Pinot Grigio Santa Margherita, il simbolo dell’enologia italiana nel mondo
Che il Trentino Alto Adige sia una delle aree viticole più vocate d’Italia è oggi talmente ovvio da apparire banale. Non fu così però alla fine degli anni Cinquanta, quando gli enologi di Santa Margherita si diedero l’obiettivo di produrre un vino bianco di alta qualità che si distinguesse da tutti gli altri. Era necessario individuare innanzitutto un territorio, oggi diremmo un terroir, in grado di produrre uve che contenessero in potenza il carattere fresco e fruttato con cui si desiderava caratterizzare il profilo del “nuovo” vino. La scelta ricadde sul Trentino Alto Adige.
Occorreva poi scegliere il varietale che esprimesse al meglio le caratteristiche pedo-climatiche del territorio e in questo caso la sapienza degli enologi pose le basi per quella che si è dimostrata una vera rivoluzione della vitivinicoltura italiana, decidendo di vinificare in bianco le uve ramate del Pinot Grigio, fino ad allora utilizzate solamente in uvaggio con altri vitigni.
Nasceva così con la vendemmia 1960 il Pinot Grigio Santa Margherita, contrassegnato da un profilo in grado di esaltarne intensità ed eleganza aromatica, con inaspettate note floreali, richiami di agrumi e frutta a polpa bianca. Il tutto supportato da una struttura serrata e vibrante e una stimolante e fresca sapidità.
In questi 50 anni il Pinot Grigio è diventato il varietale simbolo del vino bianco italiano nel mondo e il Pinot Grigio Santa Margherita continua ad esserne l’emblema, grazie al permanere di quello spirito pioneristico che punta a trasferire, intatta nel vino, tutta la qualità che produce il vigneto.
Il confronto con il territorio è alla base del continuo processo di crescita e miglioramento rendendo possibile l’adozione a livello di un’intera regione di processi artigianali, altrove limitati a singole tenute, quando non a singoli vigneti. Ecco quindi l’adozione su larga scala della lotta integrata per ridurre l’impiego della chimica di sintesi nella gestione del vigneto, l’utilizzo di uve vendemmiate a mano per poter lavorare solamente grappoli sani ed integri oppure l’affinamento del vino attraverso il contatto con le fecce nobili fino al momento dell’imbottigliamento, in modo da estrarre completamente quelle componenti in grado di amplificarne il ventaglio di profumi e gusti.

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