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I FINE WINES COME INVESTIMENTI ALTERNATIVI? NON SONO UNA NOVITÀ. IL FATTO NUOVO È L’ACCRESCIUTO INTERESSE PER LE ETICHETTE DEL BEL PAESE. A DIRLO RAIMONDO ROMANI (GELARDINI & ROMANI WINE AUCTION), LA PRIMA CASA D’ASTE D’ITALIA SPECIALIZZATA IN VINO

Italia
Masseto, Solaia, Sassicaia ... i grandi italiani delle aste

A cavallo della crisi finanziaria, forse la più intensa da cinquant’anni a questa parte, i “fine wines”, i loro prezzi e, soprattutto, le loro quotazioni, hanno trovato una sorta di “nuova giovinezza”. Cifre stellari sembrano aver proiettato i grandi vini fra gli investimenti più redditizi al mondo. Ma si tratta di una novità assoluta, di una forma alternativa di finanziarizzazione di una merce o è proprio un fenomeno che merita di essere monitorato con attenzione?
“Si sente molto parlare in questo periodo delle straordinarie capacità di rivalutazione dei grandi vini - spiega Raimondo Romani, a capo insieme a Flaviano Gelardini della Gelardini & Romani Wine Auction, la prima casa d’aste d’Italia specializzata in vino - con tassi di crescita superiori all’oro o al petrolio, un fatto che di per sé non è una novità assoluta perché per i grandi vini, che possono e necessitano di invecchiamento, la rivalutazione è insita nella loro stessa natura, ovvero il vino invecchiando migliora e nel tempo diventa sempre più raro sul mercato, spingendo le quotazioni verso l’alto”.
Storicamente, questo meccanismo era già ben noto agli stessi negociant di Bordeaux già nel XIX secolo, “ma oggi il tema è salito alla ribalta delle cronache grazie all’impennata dei volumi scambiati nelle aste, soprattutto in Asia - prosegue Romani - Le aste sono lo strumento preposto, per trasparenza e credibilità, alle dinamiche del mercato secondario dei fine wines in quanto svolgono il ruolo di fare incontrare domanda ed offerta, dando così la garanzia sia a chi vende che a chi compra che venga sempre pagato il giusto prezzo di mercato”.
Evidentemente, però, queste dinamiche interessano una parte molto modesta della produzione enologica mondiale, sottolinea, infatti, Romani: “è doveroso segnalare al grande pubblico che il paniere di etichette, principalmente francesi ed a seguire alcune italiane, che sono appetibili sul mercato secondario non supera le 100 unità e questo è pressoché invariato dallo scorso secolo ad oggi. C’è poi da dire che il mercato secondario dei fine wines è un mercato assolutamente globalizzato e se nicchie nazionali per specifiche etichette o denominazioni esistono, sono realtà estremamente marginali ed assolutamente irrilevanti in termini economici”.
Un fenomeno piuttosto comune, visto che la globalizzazione di questo mercato è facilmente riscontrabile confrontando i cataloghi delle aste internazionali, di oggi come di ieri. “Non è un caso infatti che anche in Italia siano i vini francesi - afferma Romani - con i Premier Cru di Bordeaux e di Borgogna a spuntare le aggiudicazioni più elevate in linea con il mercato internazionale”.
Probabilmente la vera novità non sta tanto in queste dinamiche, quanto, piuttosto, nel fatto che il mercato contemporaneo dei fine wines, a livello mondiale, “è rappresentato da alcuni vini italiani che da una decina d’anni si stanno facendo spazio nelle grandi collezioni di tutto il mondo soprattutto grazie al fenomeno Super Tuscan - nota Romani - che, in alcuni casi, non hanno nulla da invidiare ai cugini d’oltralpe ad eccezione di una storia come minimo bicentenaria”.
Consigli per orientarsi fra le etichette italiane che stanno emergendo o che si sono già affermate? “Anche se vediamo che alcune etichette prodotte nelle denominazioni storiche del nostro paese, come Brunello di Montalcino e Barolo, occupano comunque posizioni di tutto rilievo - osserva Romani - i vini del Bel Paese più quotati restano, in generale, i “bolgheresi”. La nostra lista di etichette “Grand Cru d’Italia”, che seleziona annualmente in base ai maggiori livelli di prezzo ed alla minore percentuale di lotti invenduti, resta un buon strumento, ed è in grado di segnalare i vini che già risultano oggi appetibili per il collezionismo internazionale. Una classificazione che trova importanti riscontri sia nei cataloghi delle altre aste internazionali e sia nel Liv-Ex100 (il London International Vintage Exchange Fine Wine Index, l’indice che misura la redditività degli investimenti sul vino)”.
Il 5 marzo, a Roma, di scena la prima asta di vino 2011, in territorio italiano, organizzata dalla Gelardini & Romani Wine Auction.

La “Top 10” 2010 dei vini italiani con le maggiori aggiudicazioni alle aste di Gelardini & Romani Wine Auction
1) Masseto Tenuta dell’Ornellaia (doppio magnum) 2006 - € 3.953
2) Masseto Tenuta dell’Ornellaia (magnum) 1997 - € 2.236
3) Ornellaia Tenuta dell’Ornellaia (imperiale 6 litri) - 2005 € 2.156
4) Redigaffi Tua Rita Doppio (magnum) 2004 - € 1.317
5) Masseto (en primeur) Tenuta dell’Ornellaia (magnum) - 2008 € 1.144
6) Masseto Tenuta dell’Ornellaia (magnum) 1990 - € 1.018
7) Brunello Riserva Biondi Santi (bottiglia) 1955 - € 778
8) Le Pergole Torte Montevertine (imperiale 6 litri) 2004 - € 682
9) Sassicaia Tenuta San Guido Doppio (magnum) 2004 - € 527
10) Barolo Riserva (en primeur) B. Giacosa (magnum) 2007 - € 484

La “Top 10” 2010 dei vini francesi con le maggiori aggiudicazioni alle aste di Gelardini & Romani Wine Auction
1) Château Lafite Rothschild Imperiale (6 litri) 2005 - € 8.386
2) Romanée Conti Domaine de la Romanée Conti (bottiglia) 2006 - € 4.792
3) Château Lafite Rothschild (doppio magnum) 2005 - € 3.953
4) Champagne Cristal Roederer (imperiale 6 litri) 2002 - € 3.774
5) Petrus Marie Jeanne (2,5 litri) 1973 - € 3.474
6) Petrus (bottiglia) 2005 - € 2.995
7) Château Mouton Rothschild (bottiglia) 1947 - € 2.995
8) Romanée Conti Domaine de la Romanée Conti (bottiglia) 1966 - € 2.875
9) Champagne Krug Collection (magnum) 1964 - € 2.276
10) Château Mouton Rothschild Imperiale (6 litri) 1970 - € 2.156

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