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GRANDE RICETTIVITÀ E POSSIBILITÀ QUASI ILLIMITATE, MA DAZI E BALZELLI SI METTONO DI TRAVERSO. È IL MERCATO INDIANO, L’“EL DORADO” ASIATICO DEL VINO, DOVE UNA BOTTIGLIA ITALIANA ARRIVA A COSTARE 10 VOLTE IL PREZZO DI PARTENZA ...

Il mercato asiatico emergente non si chiama solo Cina. C’è un altro colosso “assetato” di nettare di Bacco: l’India. Un report recente, stilato dalle “Associated Chambers of Commerce & Industry of India” (Assocham), illustra la situazione nel Paese del Gange, con l’8% del volume totale di vino destinato al consumo nelle grandi metropoli, il 41% richiesto nelle grandi città occidentali ed il 29% in quelle settentrionali.

Il mercato si sta aprendo anche ai centri minori, soprattutto grazie alle giovani generazioni, interessate a scoprire il vino, ma lo spazio di crescita, qui, è ancora molto ampio: è questa la “frontiera” enologica moderna, che aspetta solo di essere esplorata. Anche perché pare che il vino sia perfetto per i cibi indiani. “La cucina indiana si adatta benissimo al vino”, dice il sommelier Magandeep Singh. I produttori italiani, perciò, avrebbero grandi possibilità in questa India sconosciuta e ricettiva.

“Avrebbero”, perché la parete da scalare per conquistare questi mercati, è ardua: tasse, accise e balzelli vari che fanno lievitare il prezzo all’origine in modo da rendere la bottiglia praticamente inaccessibile, con prezzi anche decuplicati. A titolo di esempio, una bottiglia che parte dall’Italia a 6 euro, arriva sugli scaffali indiani a oltre 54 euro, se sommiamo il 150% di dazio doganale e il 200% di accise, a cui si aggiunge un 9% per scarico e sdoganamento, un 29% di carico in deposito, un 12,5% che si prende l’importatore, il 12% del grossista e il 15% di ricarico del dettagliante.

Ecco perché chi guarda all’India, oggi, guarda perlopiù alla produzione in loco, per i bassi costi di realizzazione delle cantine, l’assenza di questo pesante regime di dazi e le ottime prospettive di business grazie a regioni altamente vocate, come Nashik, la “Napa Valley indiana”. Possibile che non resti che delocalizzare?

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