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MARCHI “DO” PER PRODOTTI AGROALIMENTARI EXTRAEUROPEI ED ETICHETTATURA D’ORIGINE: L’AUSPICIO È QUELLO DI UNA SINTESI TRA LE DUE NORME, MA L’UE BOCCIA L’APPROVAZIONE, NEL NOSTRO PAESE, DELL’INDICAZIONE IN ETICHETTA DELLA PROVENIENZA DEI PRODOTTI

È un mare agitato quello della tutela dei prodotti agroalimentari in Europa. Almeno per la nave battente bandiera italiana. Già, perché - cosa del tutto prevedibile - l’Unione Europea continua ad opporsi alle norme sull’etichettatura d’origine volute nel Bel Paese, per indicare sulle confezioni il luogo di provenienza del prodotto. La norma nazionale, di fresca approvazione, viene giudicata “non opportuna”, con richiesta di sospendere l’attuazione della legge fino a quando non sarà adottato un regolamento a livello comunitario. E, mentre la nave “tricolore” dell’etichettatura d’origine è in balìa delle onde, il “transatlantico” cinese approda sulle coste europee in piena bonaccia.

Sul tavolo della Commissione, infatti, sono arrivate 5 richieste di iscrizione al registro europeo Dop e Igp per prodotti del “Celeste Impero”, in forza del regolamento Ue 510/06, che prevede la possibilità di attribuzione del marchio anche a prodotti di Paesi extraeuropei. Da marzo, dunque, potremmo trovare, tra i prodotti a marchio Dop, le mele “Shaanxi ping puo”, i pomeli (agrumi) “Guanxi Mi You” ed il tè verde “Longjing cha”; tra gli Igp il tubero “Lixian Ma Shan Yao” e l’aceto di riso fermentato “Zhenjiang Xiang Cu”.

Disparità di trattamento? In realtà, da un punto di vista giuridico ha ragione l’Europa. Piaccia o no, Paesi come la Cina possono fare richiesta del marchio Ue; Paesi come l’Italia non possono trasgredire ai regolamenti dell’Europa, di cui fanno parte. Ma se guardiamo alle possibilità che offrirebbe l’etichettatura d’origine, la questione si ribalta. I controlli sui prodotti made in China non competono all’Unione, ma ad un Paese terzo: la norma italiana aiuterebbe il consumatore a sapere che l’Europa non garantisce “in prima persona” quel prodotto.

Quindi i due aspetti sono, semmai, complementari: è - in sintesi - il concetto di “mutuo riconoscimento” espresso da Coldiretti, come dice Lorenzo Bazzana, responsabile economico dell’organizzazione agricola, a WineNews. “Di per sé - dice Bazzana, riferendosi ai marchi Ue ai prodotti extraeuropei - si tratta di un passaggio positivo, ciò che importa è far crescere nell’opinione pubblica e nella collettività, a livello internazionale, una sensibilità di questo tipo, ovvero che i prodotti alimentari e i prodotti agricoli sono delle vere e proprie proprietà intellettuali che vanno difese perché hanno un legame con il territorio e appartengono alla storia dei popoli. La normativa comunitaria è pensata proprio per renderla compatibile con le leggi internazionali, quindi, per poter “allineare” questa norma su Dop e le Igp con le leggi del resto del mondo, l’Unione Europea ha dovuto fare in modo che ci potesse essere il riconoscimento di prodotti provenienti da altri luoghi”. Bene, dunque, ad un maggior numero di scambi, anche perché questo combatte contraffazioni e frodi, purché a rimetterci non sia il consumatore. “Il sistema delle Do - conclude Bazzana - a prodotti non europei è positivo, ma per noi l’importante è la trasparenza, ovvero sia che ci sia un’etichettatura che dica cosa si sta acquistando. Questo permetterebbe di avere un rapporto franco con i consumatori”.

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