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FEDERALISMO A TAVOLA: NON LA CUCINA ITALIANA, MA LE CUCINE ITALIANE. UN PATRIMONIO DI CIBI E SAPERI CHE DA SEMPRE CIRCOLA NELLA PENISOLA E FORMA LA NOSTRA CULTURA. PAROLA DEL PROFESSOR MASSIMO MONTANARI, ESPERTO DI STORIA DELL’ALIMENTAZIONE

Non Solo Vino
Massimo Montanari

Chi si è interessato qualche volta di storia lo sa: l’Italia è un Paese in cerca di una sua identità nazionale, da quando si è divisa in Comuni, Repubbliche e Stati nazionali. E, ancor più, da quando ha ritrovato l’unità. Correva l’anno 1861. Ma, se guardiamo con più attenzione al “curriculum vitae” del Bel Paese, possiamo intuire che le sue divisioni sono state una ricchezza, più che un punto debole. Se non sul piano politico, su quello culturale. Ed il piano culturale è fatto anche - e, forse, soprattutto - dalla tavola, anzi, dalle tavole. Cioè dalle cucine, dai saperi locali nelle preparazione dei prodotti, anch’essi locali, ma soprattutto dalla circolazione di questi prodotti e di questi saperi. “L’unità di un paese si fonda sulla cultura più che sulla politica, sulla cucina e sulle abitudini che hanno a che fare con il cibo e con il gusto”, dice a WineNews il professor Massimo Montanari, uno dei massimi esperti di storia dell’alimentazione. Perché proprio questa circolazione di culture del cibo e la continua contaminazione è la “malta” che unisce gli abitanti d’Italia, che dà loro un’identità di base. “Le tradizioni culinarie sono la parte essenziale dell’unità nazionale - prosegue Montanari - ma, proprio per questo, si tratta di un’unità che precede di molto l’unità politica: esisteva una rete culturale italiana già dal medioevo. Nella Penisola circolavano saperi, gusti e cibi, con un denominatore comune che definiva, già allora, lo “spazio italiano”. Si trattava di uno spazio elitario, che si è allargato socialmente dall’Ottocento in poi, grazie anche all’azione di Artusi, e poi nel Novecento si è diffuso in modo capillare nella società”. Si può parlare, dunque, di federalismo culturale del cibo: circolano prodotti, persone, ricette, conoscenze, che si mescolano negli spazi italiani e nel tempo, e che permettono di avere un patrimonio ricco e variegato di piatti e di “know-how”. È tutto questo che fa delle cucine italiane (e non della cucina italiana) qualcosa di estrememente vivo. Vivo come la cultura.

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