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AGRIFIL (RIMINI, 19/22 FEBBRAIO) - PROPOSTE CONCRETE PER FAR TORNARE LA DIETA MEDITERRANEA SULLE TAVOLE DEGLI ITALIANI. UNA DELLE PROPOSTE? TAGLIARE GLI ENTI INUTILI PER RINVESTIRE NELLA RICERCA E NEL SETTORE AGRICOLO

In un periodo di globalizzazione, crisi economica, grande distribuzione che cerca il prezzo più basso (e quindi il prodotto meno “tipico”), con l’agricoltura in perenne “perdita” e con uno stile vita che porta quasi tutti a pranzare con un panino veloce al bar, bisogna trovare il modo di far tornare la dieta mediterranea davvero sulle tavole degli italiani : è l’obiettivo di Agrifil, il primo salone della filiera alimentare e della meccanizzazione.

Dopo il riconoscimento dell’Unesco, che l’ha dichiarata Patrimonio immateriale dell’Umanità, un team di esperti condotti dal Centro ricerche e nutrizione del Mediterraneo ha discusso su come rendere questa “certificazione” tangibile sulle tavole nostrane. L’incontro è partito subito con una provocazione: e se l’importante riconoscimento dell’Unesco non fosse altro che il canto del cigno di un modo di mangiare che è anche stile di vita e cultura? Se la dieta mediterranea, la vera dieta mediterranea, non fosse ormai un ricordo sulle tavole degli italiani o una brutta copia dell’originale? Ne hanno convenuto tutti i partecipanti che però hanno proposto soluzioni e contromisure concrete. Una di queste? Eliminare tutti gli enti inutili in Italia e destinare quei fondi all’agricoltura.

Ad aprire il dibattito Enrico Lupi, presidente delle 355 Città dell’Olio, una realtà importante in un paese che sta però perdendo la “cultura” dell’olio d’oliva extravergine, causa anche la crisi che fa scegliere oli extravergini a costi ridicoli. Lupi ha richiamato alla coesione dei popoli del Mediterraneo “allo scontro tra la cultura del burro e quella dell’olio. E’ l’olio d’oliva che trascina tutta la dieta mediterranea”.

Ha proseguito Nicola Manfredelli, presidente del Centro ricerche e nutrizione del Mediterraneo: “Dobbiamo lavorare per dare tangibilità a quanto sancito dall’Unesco con tale certificazione gli scenari possono cambiare significativamente, dovremmo coniugare il locale con il globale, la tradizione con la competitività”. Il primo passo è la costituzione di un “Comitato scientifico e culturale”, la prima riunione è stata proprio la tavola rotonda ad Agrifil, il cui compito è quello di portare avanti ricerca scientifica, tradizione e mercato.

“La globalizzazione serve a sfamare il mondo - afferma Massimo Cocchi, sempre del Centro Ricerche del Mediterraneo - ma fa perdere l’identità dei prodotti locali e quindi della Dieta Mediterranea. C’è troppa confusione tra il prodotto tipico e quello no. Bisogna creare forti linee di demarcazione”. Il Dop non basta. E’ la grande distribuzione che deve fare una seria riflessione su ciò che offre. Inoltre, fare chiarezza su tutta la disinformazione riguardante proprio la Dieta Mediterranea. “La nostra ricerca scientifica - continua Cocchi - è iniziata 10 anni fa, in Basilicata, regione incontaminata ricca di nutrienti strategici della nostra dieta. Non a caso in quella regione l’incidenza di malattie cardiovascolari e di cancro è leggermente inferiore alla media italiana. La dieta mediterranea non è un patrimonio immateriale - aggiunge - ma è fatta di prodotti “concreti” che nascono dalla terra. Devono essere classificati, se il pomodoro è un alimento della dieta mediterranea, il suo “fratello” cinese non può far parte della nostra dieta”.

Franco Verracina, presidente nazionale di Coop Agri, ha rincarato la dose: “c’è un made in Italy che si fa senza un prodotto italiano? Bisogna eliminarlo. Vogliamo garantire ai produttori un reddito per poter sopravvivere. I tagli che l’Europa vuole applicare al settore non sono possibili e pensabili. I soldi si possono trovare. Gli enti inutili oggi sono 7.500, abbiamo comunità montane sul mare, Cda con un presidente e un dipendente, 400.000 dipendenti pubblici in Enti che non servono. Se andiamo a chiudere solo il 30% di questi risparmiamo 4.500 miliardi da rinvestire nella ricerca e nel settore agricolo. Se Della Valle ristruttura il Colosseo, noi possiamo ristrutturare l’Italia”.

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