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UNO SPUMANTE PRODOTTO IN UN TERROIR NON CONOSCIUTO PER LE BOLLICINE, UNA GROTTA ETRUSCA TRASFORMATA IN CAVEAU E UNA CANTINA-GUARDIANA DELLA STORIA: COSÌ A DECUGNANO DEI BARBI SI SPERIMENTA UN’ALTRA VIA PER ORVIETO E LA VERSIONE FRIZZANTE DELL’UMBRIA

Italia
Lo spumante di Decugnano dei Barbi che si affina nei sotterranei etruschi di Orvieto

Una particolare “digressione spumantisca” al di fuori dei terroir storicamente e tradizionalmente conosciuti per la produzione di bollicine, uno spumante che affina e riposa in grotte etrusche salvate dall’incuria del tempo e trasformate in uno speciale “caveau” grazie alla temperatura naturale e costante di 13° C, esempio di come il vino e la cantina che lo produce possano diventare guardiani della storia, investendo su un territorio e custodendone i tesori. Succede a pochi passi da Orvieto, terroir dalla lunga tradizione enoica conosciuta dagli addetti, offuscata ai più dal clamore di altri territori, dove con il Metodo Classico Brut la griffe Decugnano dei Barbi, a Fossatello di Corbara, sperimenta “un’altra via per Orvieto”, accanto alla tradizionale Doc Orvieto del “vino dei papi”, prodotto fin dall’epoca degli etruschi, per riportarlo sotto i riflettori insieme alle bellezze del territorio. Il tutto sullo sfondo di una grande regione del vino, l’Umbria, dove arte, storia ed enologia si intrecciano così in quella che vuole essere la “versione bianca e frizzante”, accanto ai grandi terroir “rossisti” di Montefalco e Torgiano, guardando al futuro facendo tesoro del passato e continuando la tradizione millenaria di fare vino dei più antichi abitanti del territorio.
Tutto ha inizio dal ritrovamento di antiche grotte etrusche scavate nel tufo nei terreni di proprietà della cantina - tutto il territorio di Orvieto è ricco di importanti testimonianze etrusche giunte fino ai nostri giorni - dall’incontro tra la passione per l’antichità unita a quella per i grandi vini della famiglia Barbi, originaria della Franciacorta e arrivata ad Orvieto nei primi anni ’70, e, dall’ispirazione delle caves dello Champagne, le cantine delle celebri bollicine francesi ricavate in gallerie di epoca romana. Un mix che ha originato una sfida: cercare “un’altra via per Orvieto”, accanto all’Orvieto Doc, uno dei vini dalla storia più longeva in Italia, prodotto fin dall’epoca etrusca e conosciuto come “il vino dei papi” perché è stato il vino della corte pontificia, utilizzando i suoi vitigni base per creare bollicine, in un territorio certo non riconosciuto per tale vocazione.
“Quando mio padre Claudio, decise di comprare un piccolo appezzamento di terra di 4-5 ettari ad Orvieto per fare qualcosa che fosse decisamente diverso dall’Orvieto prodotto fino ad allora - spiega Enzo Barbi, che appartiene a quella generazione di giovanissimi che ha mosso i primi passi professionali all’estero, per poi tornare all’agricoltura e all’azienda di famiglia in Italia - aveva in mente una concezione aziendale più simile a quella francese, dove qualità e terroir sono i soli principi guida. A Decugnano c’erano solo case diroccate e un vecchio vigneto: fu mio padre ad impiantare i primi vigneti con dei cloni che fossero più consoni alla qualità che si voleva raggiungere. L’idea era di creare un grande vino bianco italiano - racconta Enzo Barbi - partendo dalla tradizione dell’Orvieto, per fare quasi un’“alternativa italiana” allo Chablis (imbottigliato nella borgognotta anziché nelle classiche bottiglie dell’Orvieto), accanto ad una bollicina. La nostra famiglia è bresciana, e allora la Franciacorta era in pieno fermento per diventare quello che è oggi, e il nostro enologo dell’epoca, Corrado Cugnasco, era uno dei più impegnati in quella zona, ma accettò comunque di raccogliere la sfida e provare a spumantizzare l’Orvieto. Era il 1978”.
Il Metodo Classico Brut (da uve Chardonnay, Procanico e Verdello, prodotto in 10.000 bottiglie), è un Millesimato frutto di attente selezioni delle migliori uve e di un lungo affinamento a contatto con i lieviti per almeno quattro anni, in grotte dalla temperatura naturale e costante di 13° C, sboccato manualmente. “La spumantizzazione - spiega Enzo Barbi - avviene in grotte scavate nella collina di Decugnano dagli etruschi millenni fa, e probabilmente, utilizzate come tombe, in una delle zone più ricche di testimonianze della loro civiltà. Riaperte ed utilizzate dai contadini, oggi sono ideali per la conservazione del vino, grazie all’ambiente molto umido e la temperatura costante tutto l’anno”.

Focus - La cantina in un ritratto
E’ una lunga tradizione quella di produrre vino a Decugnano, il cui nome deriva dalla posizione geografica lambita dalle rotte romane lungo il Tevere e compare per la prima volta nel 1212, legato alla chiesa di Santa Maria a Decugnano, i cui vigneti producevano il vino per il clero di Orvieto, e che prosegue dal 1973, quando la famiglia Barbi acquistò i terreni per il vino eccezionalmente buono che vi si produceva. Senza dimenticare l’importanza della coltivazione della vite all’epoca degli etruschi, della cui civiltà il territorio dove sorge la cantina Decugnano dei Barbi, a Fossatello di Corbara (www.decugnanodeibarbi.com), a pochi passi da Orvieto, a cavallo tra Umbria, Lazio e Toscana, è tra i più ricchi di testimonianze. Un’intrecciarsi tra storia, arte ed enologia, che trova la sua effettiva espressione in un particolare “caveau”, nelle grotte scavate dagli etruschi lungo i fianchi della collina di Decugnano, dove riposano i vini in affinamento. E che oggi si traduce anche in un’estrema cura del territorio, in una cantina “nascosta” e ben integrata con la valle, nel rispetto della particolare configurazione collinare dell’area, e nel recupero di un antico borgo con villa padronale e antica pieve con annessa canonica - che oggi ospita una sala degustazione e lezioni di cucina - cui si aggiunge Villa Barbi (www.villabarbi.it), una dimora di charme tra i vigneti con la possibilità di essere gli unici ospiti con un intero staff a disposizione, come uno chef personale ai fornelli, un elegante rifugio in un terroir meno noto al grande pubblico.

I vini: dai bianchi ai rossi, passando per lo “spumante di Orvieto”
Attraverso la selezione dei migliori vitigni e il controllo delle rese, la raccolta a mano e la messa al bando degli insetticidi e di qualsiasi forma di diserbo chimico, su una superficie di 60 ettari, di cui 33 vitati, in un terroir di origine marina, marmoso e argilloso, con abbondante presenza di fossili di ostriche e di conchiglie di epoca Pliocenica che poggia su un substrato tufaceo, nascono vini come l’Orvieto Doc Classico Superiore Bianco di Decugnano (ottenuto dalle uve tipiche dell’Orvieto), l’Umbria Igt Rosso di Decugnano (ottenuto da uve Sangiovese, Montepulciano e Syrah), l’Umbria Igt Maris (da uve Chardonnay) prodotto in un terreno particolarmente ricco di fossili di ostriche, e lo “spumante di Orvieto” Metodo Classico Brut (da uve Chardonnay, Procanico e Verdello). Cui si aggiungono l’Umbria Igt Pourriture Noble (da uve Grechetto, Sauvignon Blanc e Sémillon), vino dolce da meditazione prodotto in vigneti che per una fortunata combinazione microclimatica sono colpiti da muffa nobile, l’Orvieto Doc Classico Villa Barbi Bianco (prodotto da uve Grechetto, Procanico, Vermentino, Sauvigno Blanc), rivisitazione della tradizione dell’Orvieto, e l’Umbria Igt Villa Barbi Rosso (da uve Sangiovese, Montepulciano e Merlot). Il tutto, per una produzione complessiva di Decugnano dei Barbi che si attesta intorno alle 120.000 bottiglie, sotto la regia dell’enologo Riccardo Cotarella, e con la cantina che guarda al futuro con un +40% di vendite nel 2011.

La curiosità - Sacro & profano: se la cantina “batte” la cattedrale
Da un lato, la tradizione enologica legata ad uno dei vini dalla storia più longeva in Italia, in un territorio da sempre vocato alla vitivinicoltura fin dall’epoca degli etruschi, dall’altro l’edificio religioso simbolo per eccellenza di una città, capolavoro dell’architettura gotica dell’Italia centrale: “sacro e profano” si incontrano in terra di Orvieto, la cui cattedrale domina dall’alto della rupe tufacea la distesa dei vigneti da cui nasce l’Orvieto. Fin qui nulla di nuovo, se non fosse altro che, messi in classica, è il profano a “battere” il sacro. La pensano così i viaggiatori che su TripAdvisor.it, la più grande community on line di recensioni di viaggio al mondo, hanno stilato la propria personale classica delle attrazioni del territorio: e al “numero uno” c’è la cantina Decugnano dei Barbi, solo secondo, invece, il Duomo di Orvieto (http://www.tripadvisor.it/Attractions-g194843-Activities-Orvieto_Umbria.html). Una boutade? Piuttosto una curiosità che fa riflettere: perché se è vero che il vino promuove il territorio, ambasciatore della sua storia e delle sue tradizioni nel mondo, così, viceversa, in un circolo “virtuoso”, è il territorio a far sì che quel vino resti impresso nella memoria.

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