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CRESCE L’EXPORT DEL VINO MADE IN ITALY CHE, NEL 2012, DOVREBBE SUPERARE IL RECORD DI 4,5 MILIARDI DI EURO. NONOSTANTE UNA STRATEGIA DI PROMOZIONE CHE FRAMMENTA LE RISORSE IN MILLE RIVOLI. E IN TANTI INVOCANO L’AGOGNATA “CABINA DI REGIA”

Italia
Serve una cabina di regia per l’agroalimentare italiano

La voglia di vino made in Italy c’è, in tutto il mondo, ed è forte. Ce lo dicono i produttori che tornano dall’estero, e quelli che stanno per andarci, per promuovere il loro vino. E anche le previsioni dell’export, che parlano di un 2012 che chiuderà a 4,5 miliardi in valore, record che supererà quello già storico, per il Belpaese, del 2011. E lo dice anche il pieno sfruttamento delle risorse dell’Ocm vino per la promozione nei Paesi terzi. Ma, in tanti, dicono anche che si può fare meglio, soprattutto nei paesi emergenti, e che il momento va sfruttato ora, perché il ritardo su alcuni competitor è già tanto (come sulla Francia che, in Cina, per esempio, rappresenta la metà del vino importato, con l’Italia ferma ad un 5-6%) e la velocità con cui corrono altri (come Cile o Australia, magari con prodotti di minore qualità, ma dal prezzo iper-competitivo e con sistemi-Paese che li supportano) non lascia tranquilli. E, a detta di molti, uno dei tanti freni al vero e proprio boom del vino italiano nel mondo, che primeggia in mercati oggi importanti come Usa, dove leader, Germania e così via, e cresce, ma non come potrebbe in altri più “giovani”, come Asia e Russia, è la ormai iconica frammentazione in mille rivoli, iniziative, e operatori delle risorse, non solo economiche, ma anche umane e di tempo in cui viene scomposta la grande energia della promozione italiana.

Iniziative che si accavallano e spesso si “replicano” negli stessi luoghi e con gli stessi target, o peggio ancora che lanciano messaggi totalmente contrapposti sull’Italia enoica in giro per il mondo. E l’opinione comune tra addetti ai lavori è che sia davvero arrivato il momento della troppe volte invocata, ma mai realizzata, “cabina di regia” della promozione del vino italiano. Soprattutto in un momento in cui anche alcun partner istituzionali, come l’Ice, stanno vivendo una profonda fase di trasformazione. Insomma, forse è l’ora, se il vino italiano non vuole perdere occasioni importantissime, che i maggiori player della promozione del Belpaese enoico nel mondo si siedano intorno ad un tavolo, anche con le istituzioni, riconoscendo reciprocamente e il loro ruolo e definendo una strategia organica, coordinata e più incisiva di promozione all’estero.

A partire, ovviamente, anche da Verona Fiere, che non solo organizza Vinitaly, il più importante evento del vino italiano nel mondo, ma che con il suo lavoro e con il Vinitaly in The World ha stretto collaborazioni con fiere straniere e partner importanti, e di certo sarebbe aperto a costruire un progetto organico di concerto con i leader della promozione italiani, le cantine e le istituzioni. Perché se l’export italiano è cresciuto così tanto con una strategia di promozione giudicata, quasi da tutti, quantomeno non ottimale, c’è solo da immaginarsi cosa potrebbe fare il Belpaese enoico con una maggiore efficacia di promuoversi nel resto del mondo.

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