In Usa, nel 2013, l’Italia del vino torna a crescere. In Russia si riparte da un 2012 che si è chiuso con un leggero calo in volume, ma con una sostanziale tenuta in valore, che fa ben sperare nonostante le difficoltà non manchino. A dirlo a WineNews.tv, da Vinitaly, due profondi conoscitori di questi due importanti mercati: Lucio Caputo, alla guida dell’Italian Wine & Food Institute, e Anatoly Korneev, vicepresidente di Simple Group, importatore n. 1 per il vino italiano in Russia. Se il 2012 dell’export vinicolo italiano sul mercato Usa si è chiuso con un calo, in termini di volumi e di valori, che non ha intaccato la leadership dei vini tricolore, con il fatturato delle aziende vinicole tricolori pari a 1,5 miliardi di dollari per una quota di mercato del 29,2% del totale importato, il 2013 inizia in netta controtendenza. “L’Italia, pur mantenendo le proprie posizioni, in un mercato in espansione - spiega Caputo - nel 2012 ha preso a retrocedere. Ma ora si è registrato un incremento importante, sia in quantità che in valore, rispettivamente del 10,7% e del 14,2% sullo stesso periodo del 2012. Una tendenza positiva, con un aumento dei prezzi medi che, però, rischia di diventare un problema se pensiamo alla competizione con competitor come Australia, Argentina e Cile. O un’opportunità, se si decide di seguire la via dell’alta qualità, guardando, più che alla Francia, alla nostra storia, che negli ultimi 30 anni dimostra come il solco tracciato sia quello vincente. Basta seguirlo”. In Russia, invece, una situazione più complicata non spegne l’ottimismo: “la crisi da noi non c’è, l’economia è stabile, ma si comincia a parlarne e la gente inizia a risparmiare - spiega Korneev - e a risentirne sono tutti i vini da mercato di massa (il 79% del vino italiano in Russia), anche se crescono i vini premium, che però possono permettersi in pochi. Nel 2012 la Russia ha importato 610.000 ettolitri di vino dall’Italia, 20.000 in meno del 2011, ma il valore è rimasto lo stesso, a 258 milioni di euro.Ed il trend è positivo, anche perché mentre i consumi di superalcolici sono stabili, quelli del vino (l’8,4% del consumo di alcolici) crescono piano ma con costanza, mentre per al prima volta in tanti anni quelli di birra, che rappresenta il 75% delle bevande alcoliche consumate, hanno fatto segnare un calo”.
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