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LINGUE DI USIGNOLI, PAVONI E FENICOTTERI, TALLONI DI CAMMELLO E TANTE ALTRE STRAVAGANZE CULINARIE SENZA BADAR A SPESE E TANTO DA MORIRNE: ECCO APICIO E IL SUO “DE RE COQUINARIA”, PRIMA OPERA GASTRONOMICA DEL NOSTRO PAESE ESPOSTA DA ACADEMIA BARILLA

Piatti a base di lingue di usignoli, pavoni e fenicotteri, oche ingrassate con fichi secchi, manicaretti con talloni di cammello, intingoli di creste tagliate a volatili vivi, e tante altre stravaganze culinarie, sperimentate senza badare a spese e fino all’ultimo soldo, tanto da morirne per aver provato di tutto: ecco Apicio, singolare buongustaio dell’epoca romana e chef degli imperatori, che profuse in banchetti gran parte del suo immenso patrimonio, autore del “De Re coquinaria”, antico manoscritto in dieci libri e poco meno di cinquecento ricette, considerato la prima opera gastronomica nota del nostro Paese, di cui Academia Barilla ha esposto il facsimile a Parma. Una testimonianza curiosa della tavola nell’antica Roma, tra mousse di ceci e il pollo alla maniera di Frontino, “Vivande prelibate“ come vagine sterili, calli di dromedario, cotenne, piedini di maiale e di cinghiale, fegato d’ oca, poppa di scrofa, lombi, rognoni, prosciutti, ricette per salse, torte, piatti di verdure, antipasti, piatti con frutta cotta e pesce, suggerimenti per preparare un vino speciale o rendere chiaro il vino nero, come cucinare struzzi e pappagalli, come conservare a lungo frutta, verdura e carne, riconoscere il miele cattivo.

Testo molto complesso, il “De Re coquinaria” (il cui originale è conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana a Roma) è costituito da più sezioni, probabilmente composte in più secoli (dal I a.C. al IV d.C.) con ricette di salse e di piatti completi di Apicio ed altri autori assemblate da un compilatore.

“Apicio è stato il più grande gastronomo dell’antichità, in grado di introdurci in quella che era la cucina ed il gusto del tempo - spiega il professor Domenico Vera, docente di Storia romana all’Università di Parma - si tratta ovviamente di una cultura molto differente dalla nostra, soprattutto per le materie prime che oggi sono a nostra disposizione, ma è possibile recuperare alcune antiche ricette che si sono ormai perse nella storia”. “Evitando ovviamente gli eccessi di cui Apicio fu maestro come i piatti a base di talloni di cammello - racconta Barbara Bertoni della casa editrice Imago (che ha realizzato una riproduzione del manoscritto) - stravaganze culinarie che per lui diventarono un’ossessione tanto da portarlo al suicidio quando si rese conto di non avere più nulla da sperimentare”. Di Apicio narra Seneca che, quando s’accorse che gli rimanevano solo dieci milioni di sesterzi si tolse la vita col veleno per timore di dover morire di fame.

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