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“Il vino è espressione dell’estetica italiana articolato come l’incredibile complessità di questo “bizzarro” Paese che è l’Italia, dal Veneto alla Sicilia. Finalmente ce lo riconoscono. Dovremmo farlo anche noi”: parlando di vino con Philippe Daverio

Italia
Philippe Daverio

Il vino oggi riassume in Italia alcuni dei valori massimi. Come il gusto, che non è solo quello in bocca, il primo a cui si pensa, il più immediato, “ma come concezione dell’estetica, di rapporto con l’ambiente, con l’architettura e il design: dalla bottiglia al luogo di produzione, tutto rientra in una progettualità estetica. Il vino è uno dei punti assoluti dell’estetica italiana, e finalmente iniziano a riconoscercelo. Si articola proprio secondo l’incredibile complessità di questo “bizzarro” Paese: c’è differenza tra quello del Veneto e del Molise, tra la Toscana, il Piemonte o la Sicilia, che ha tirato fuori il suo carattere. E forse il vino è l’unico tema vero che unifica l’Italia”.
Concetto apparentemente non facile, se non fosse Philippe Daverio a spiegarlo. Perché parlare di vino con un celebre critico d’arte? Prima di tutto perché, spesso, una voce fuori dal coro, autorevole, culturalmente prima di tutto - il vino è, prima di tutto, cultura - è utile nel trovare nuovi spunti di riflessione, e poi perché di fronte c’è un grande appassionato e conoscitore di vini (autore del video-racconto “In Vino Veritas”, breve storia del vino in Europa, nel suo stile inconfondibile). Capace di raccontare l’arte, anche quella concettualmente più estrema, con semplicità, al grande pubblico. Lo stesso, fa con il vino. “Per fortuna se ne consuma sempre meno, perché consumandone meno ha smesso di essere un alimento ed è diventato un elemento estetico. Beviamo meno di trent’anni fa, ma il vino è molto migliore, ad un prezzo un po’ più alto. L’estetica non è solo quello che vediamo”, è una questione anche di sensi, “e il palato ha diritto alla sua estetica”.
Appassionare all’arte come al vino? “Molto si può fare con l’informazione: il vino non è solo quello che si trova in bottiglia o si sceglie sullo scaffale. Corrisponde all’italianità”, e la sua migliore comunicazione “è vedere le vigne, e il rapporto con il paesaggio italiano, cesellato di vigneti”. C’è ancora molto da fare tra il consumo e i territori: “la grande scommessa, è aprire di più la terra d’Italia alla conoscenza dei luoghi. Come l’altra mia metà, francese, insegna”. E c’è anche una sua “modesta proposta” che, per ora, non passa: che il Ministro dei Beni Culturali sia eletto tra i viticoltori, capaci di coniugare con intelligenza l’eredità storica e il prodotto contemporaneo.
“Il vino deve seguire il percorso che ha seguito anche l’arte - dice Daverio a WineNews - abbandonare il “guru” che dice cose che capisce solo lui, e pochi suoi amici, per uscire dal sacerdotale ed entrare nella concretezza della quotidianità. Cosa che, peraltro, già fa, perché se da un lato viene celebrato, dall’altro per fortuna viene consumato, se usa parole molto complesse, si adatta ad un territorio e lo rende molto bello”. Come ha fatto in Italia, e come ha fatto prima ancora in Europa, come racconta lo stesso critico, alla sua maniera, nel video “In Vino Veritas”, tra musiche ispirate dal vino ed immagini bellissime di cantine e paesaggi vitati.
“Quei paesaggi che sono la prima testimonianza del vino, però poco diffusa e di cui dovremmo tornare ad essere più coscienti”, ricorda Daverio. Per comunicare con semplicità, nell’immaginario collettivo, accanto al gusto che un vino ha, anche la bellezza di cui è capace.

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