Nell’era della tecnologia, ci sono ancora Paesi in cui l’accesso ad internet non solo è strettamente controllato, ma anche limitato ad una nicchia di persone di alto livello. Funziona così, ad esempio, in Corea del Nord: sopra il 38esimo parallelo, il regime di Kim Jong-un controlla qualsiasi aspetto della vita dei propri cittadini, mettendo al bando tante di quelle libertà considerate ovvie in Occidente. Così, quando dai dati di “Wine Searcher” (www.wine-searcher.com), il sito d’informazione sul vino più consultato d’America, emerge che dalla Corea del Nord sono arrivate “ben” 32 ricerche, è naturale chiedersi chi siano i temerari.
La risposta che si dà Claire Adamson, redattrice di “Wine Searcher”, è alquanto suggestiva: se fosse proprio la famiglia di Kim Jong-un?
Del resto, solo loro e una manciata di alti funzionari possono permettersi il lusso di acquistare bottiglie di vino dall’estero, e sono sempre loro tra i pochissimi a ricevere regali di questo genere. Dalle ricerche effettuate a Pyongyang, emerge che nel Paese di Kim Jong-un convivono una predilezione per i vini di Bordeaux ed una certa tendenza a sognare ad occhi aperti: così, accanto a Bordeaux da 20 dollari a bottiglia vengono cercati anche Margaux e Petrus, oltre al Brunello Riserva di Biondi Santi, ma anche Cognac e Whisky super invecchiati. Nonostante l’animosità tra i due Paesi, inoltre, c’è anche un vino americano, il Cinnabar Mercury Rising, taglio bordolese sempre sui 20 dollari, mentre l’Italia è presente con un’altra etichetta, di livello decisamente più basso, un vino frizzante di Caldirola Maestri Cantinieri da appena 3 dollari a bottiglia.
Certo, non è uno spaccato esaustivo del rapporto tra Corea del Nord e Bacco, ma la realtà non va molto al di là. Nelle occasioni di festa si beve quasi esclusivamente birra autoprodotta, oltre a vini ottenuti dalla fermentazione di mirtilli, ginseng e ... serpenti (se ne trova scritto spesso sul web e, a quanto pare, è vero), ma anche vino ottenuto da uve selvatiche nordcoreane, definito da chi l’ha assaggiato “profondamente disgustoso”. Del resto, la classe media di Pyongyang, che rappresenta una sparuta minoranza di tutta la popolazione della Corea del Nord, non ha risorse da spendere in vino, e quelle 32 ricerche, in fin dei conti, non rappresentano forse niente di più di un passo immaginario verso i propri vicini occidentali.
Originally posted by www.wine-searcher.com
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025