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C’è la Borgogna in cima ai sogni dei migliori winemaker di tutto il mondo. Che non sono troppo preoccupati dai cambiamenti del clima, e neanche dell’aumento del grado alcolico dei vini. A dirlo un sondaggio della rivista Uk “Decanter”

Italia
La Borgogna in cima ai sogni dei migliori winemaker di tutto il mondo

C’è la Borgogna in cima ai sogni dei migliori winemaker di tutto il mondo: uno su quattro degli oltre 100 sentiti da “Decanter” nel suo sondaggio, che sarò pubblicato integralmente nel numero di luglio della rivista Uk, ed in parte anticipato su www.decanter.com, indica per prima la regione francese tra quelle in cui vorrebbero lavorare, oltre a quelle in cui già operano. Davanti a Barolo e al Piemonte più in generale, che si confermano territori tra i più affascinati dell’Italia enoica (con il Belpaese che figura, nelle risposte, anche con il mito intramontabile della Toscana, e con l’appeal emergente ma sempre più forte della Sicilia, ndr). Tra le Regioni più gettonate anche Nuova Zelanda e Valle del Rodano, ma anche Spagna, Bordeaux, Loira, Alsazia, Napa Valley, Argentina, Jura, Grecia e Champagne.
Ma, nel sondaggio, che assegnerà anche una sorta di “panchina d’oro” dell’enologia, con i colleghi chiamati ad indicare in più rispettati e ammirati tra loro, sono tante le questioni interessanti affrontate. A partire dal fatto se davvero il cambiamento climatico ha influito sui vini prodotti. Con il 52% che risponde “sì, ma è una sfida da gestire”, il 30% che dice di non aver subito effetti, ed un 18% che dice di averli notati, ma in positivo.
Una delle questioni che molti legano al cambiamento climatico, ed in particolare al “global warming”, è l’aumento del grado alcolico nei vini. Ma secondo il 54%, nella media, il grado dei vini che vengono prodotti è lo stesso rispetto al passato, e c’è sostanziale parità tra chi dice che in realtà è aumentato (24%) e chi sostiene che sia addirittura diminuito (22%).
Agli enologi è stato chiesto anche se, per andare in contro ai cambiamenti nelle richieste dei consumatori, soprattutto più giovani, e del mercato, stiano producendo vini che siano pronti da bere prima che in passato. E se per il 68% la risposta è negativa, e un periodo di invecchiamento di 10 anni rimane per molti l’orizzonte temporale più gettonato, c’è anche 32% che dice di puntare ad una “finestra di bevibilità più precoce” quando pensano a produrre i loro vini.
Quanto conta, poi, il parere di giudici e critici nella loro attività? Niente, secondo il 40% degli enologi, un po’ per il 50%, ed in maniera significativa per il 10% di loro.

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