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Il mercato cinese, dopo la spending review del Presidente Xi Jinping, vira verso la “normalizzazione”. Ne è convinto, da ProWine China a Shanghai, il Ceo di Wine Intelligence, Richard Halstead. Focus: Terroir Renaissance 2015 e Chianti in Cina

Il mercato cinese, dopo l’exploit dei fine wine, stroncato due anni fa dalle riforme del Presidente Xi Jinping, che ha imposto una severa spending review ai vertici burocratici dello Stato, vira adesso verso una “normalizzazione” che, nel giro di pochi anni, farà della Cina un mercato come qualsiasi altro, ma dalle potenzialità infinite. Ne è convinto il Ceo di “Wine Intelligence” (www.wineintelligence.com), Richard Halstead che, da ProWine China, che nella settimana scorsa a Shangai ha attirato 10.500 visitatori (+25% sul 2014, con 600 vini da 33 Paesi, dalla Francia, il Paese più rappresentato, all’Italia, subito dietro, passando per Cile e Spagna), ha sottolineato come “fino al 2013 il mercato del vino cinese era assolutamente anomalo, si acquistavano grandi bottiglie da regalare, senza che alla base ci fosse una vera conoscenza, o una reale passione per il mondo di Bacco”. Oggi, le cose sembrano cambiate, “e il Paese sta vivendo una fase nuova, che potremmo definire “Wine 2.0”, in cui il consumatore sta imparando ad approcciare il vino seguendo il proprio gusto più che lo status symbol. È vero che nei magazzini ci sono interi stock di bottiglie di Bordeaux, ma il mondo del vino nel complesso è decisamente più ottimista oggi, di fronte ad un mercato più livellato ed aperto”. Insomma, la tanto vituperata austerity, a quasi tre anni di distanza, “rischia” di rivelarsi il miglior alleato nella crescita del mercato enoico della Cina e, soprattutto, nella nascita del consumatore reale, consapevole e appassionato, anche se, chiosa Halstead, “la Cina è ancora solo all’inizio di un lungo viaggio”.

Focus - A Shanghai con Terroir Renaissance 2015 International Wine Symposium (dall’11 al 13 dicembre)
Migliorare la conoscenza dei grandi terroir tra i wine lover di Cina, ma anche incoraggiare il dibattito sulla centralità stessa dei terroir, tra esperti cinesi ed europei, ma anche, soprattutto, creare un ponte tra i produttori degli storici terroir europei, in particolare di Borgogna, Bordeaux e Barolo, ed i consumatori cinesi: ecco gli obiettivi di Terroir Renaissance 2015 International Wine Symposium, di scena a Shanghai, dall’11 al 13 dicembre ed organizzato da “TasteSpirit”, principale wine magazine on line per numero di lettori in Cina, e importante centro educativo (www.tastespirit.com), insieme a partner europei come l’Enoteca Regionale del Barolo, l’Association des Climats du vignoble de Bourgogne e l’Association de Grands Crus Classés de Saint - Emilion.
Nel programma, firmato dal comitato organizzativo di cui fanno parte i wine writer francesi Bernard Burtschy e Jacky Rigaux, ed il wine communicator Ian D’Agata, gli interventi, tra gli altri, di Aubert de Villaine, presidente Association des climats du vignoble de Bourgogne, Alain Moueix, presidente Association des crus classés de Saint - Emilion, Federico Scarzello, presidente Enoteca regionale del Barolo, Valentina Abbona (Marchesi di Barolo) e Giuseppe Vajra (G.D. Vajra).

Focus - Dopo Hong Kong e Giappone, il Chianti vola in Cina
Con 20 milioni di ettolitri la Cina rappresenta il primo mercato al mondo per consumi di vino rosso. Più in generale, l’Asia pesa ormai per il 6,5% nell’export vinicolo italiano (contro il 4,6% di dieci anni fa) e rappresenta un importante mercato di sbocco per i vini rossi della Toscana: nel 2014, l’export nel continente di questa categoria (al cui interno il Chianti la fa da padrone) ha superato i 41 milioni di euro, vale a dire l’8% di tutte le esportazioni dei vini rossi toscani, con una crescita che solo negli ultimi quattro anni è stata del 186%. Ecco perché, dopo l’appuntamento di Hong Kong, e quelli in programma di Osaka (30 novembre) e Tokyo (1 dicembre), il Consorzio del Chianti volerà, per la prima volta, a Singapore, il 3 dicembre, con un’intera giornata dedicata al Chianti con incontri business to business, un seminario con il Master of Wine Tan Ying Hsien ed il giornalista Edwin Soon, un walk around tasting per operatori del settore e l’apertura ai #chiantilovers nell’ultima parte dell’evento. Del resto, nel corso di un decennio, l’import di vino nel continente asiatico è passato da 1,6 a 6,1 miliardi di dollari, arrivando così a pesare per il 17% sulle importazioni mondiali. Di questi 6,1 miliardi quasi l’80% fa riferimento a Giappone, Cina, compreso Honk Kong, e Singapore
(www.consorziovinochianti.it).
“Presentarsi in questo modo aggregato - commenta il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi - non può che giovare alla denominazione. Gli operatori che ci verranno a trovare, si troveranno di fronte ad una varietà di Chianti rappresentativi di ciò che questa regione può offrire: una promozione della Denominazione che avrà ricaduta su ogni singola azienda della filiera. La nostra denominazione rappresenta da sempre il made in Italy che tutto il mondo c’invidia e dobbiamo essere pronti ad affrontare questi mercati: il bacino asiatico - conclude Busi - sta diventando infatti un importante e strategico sbocco per il vino italiano”.

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