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Fusione dei Comuni, il 16-17 ottobre si vota tra Montalcino, patria del Brunello, e San Giovanni d’Asso (città del tartufo). Prima volta in un grande territorio del vino. Benvenuti (Città Vino): “no preoccupazione per denominazioni, ma attenti a norme”

Il 16 e 17 ottobre, i cittadini di Montalcino, patria del Brunello, e di San Giovanni d’Asso, celebre per i suoi tartufi delle Crete Senesi, si esprimeranno sulla volontà di fondere i due Comuni, come previsto dalla legge. In un referendum che, vale la pena ricordarlo, è consultivo e non vincolante. Una possibilità, in ogni caso che, in Italia, nel 2016 (dati aggiornati a luglio, secondo il sito specializzato www.tuttitalia.it), si è già realizzata in 29 casi, di cui due per incorporazione.
Ma quella che riguarda i due Comuni toscani è, di fatto, il primo caso in cui viene coinvolta una delle più importanti denominazioni del vino italiano.

E se, nei mesi scorsi, a livello nazionale, c’era chi si era opposto fermamente a questa ipotesi, e soprattutto alla ipotizzata obbligatorietà di fusione per tutti i Comuni sotto i 5.000 abitanti, poi saltata, richiamando l’attenzione sul possibile vacillamento della tenuta dei disciplinari di produzione, oggi gli animi, almeno dal punto di vista vitivinicolo, sembrano più distesi.

Secondo Città del Vino (www.cittadelvino.it), infatti, “se questi processi di fusione sono volontari, il discorso cambia. Noi ci eravamo opposti alla paventa obbligatorietà delle fusioni dei piccoli Comuni (che sono la maggior parte di quelli del vino italiano, ndr), che per fortuna è saltata - spiega a WineNews il direttore Paolo Benvenuti - ma se questa deriva dalla volontà dei cittadini è diverso. Di certo, in ogni caso, non ci sarà una perdita di identità per le denominazioni del vino italiano, perchè ci sono i disciplinari a tutelarle”. Una posizione, questa, che è la stessa espressa in più occasioni da Federdoc (Confederazione Nazionale dei Consorzi volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani, www.federdoc.com). “Ma di certo servirà una certa attenzione, soprattutto dal punto di vista tecnico e burocratico, per evitare complicazioni alle aziende vitivinicole”, precisa Benvenuti. Perchè se, per esempio, a Montalcino la cosa, in caso di fusione, potrebbe risolversi in maniera relativamente semplice, scrivendo nel disciplinare che la zona di produzione del Brunello, per parlare della denominazione più importante, non sarà più quella di tutto il nuovo territorio comunale, che comprenderebbe anche quello di San Giovanni d’Asso, ma del solo territorio Comunale di Montalcino “ante fusione”, per intenderci, qualche complicazione in più, in altri casi, potrebbe sorgere.

É il caso di Morro d’Alba, per esempio, Comune marchigiano celebre per la sua Lacrima di Morro d’Alba, che potrebbe essere fuso per incorporazione con Senigallia (si vota il 23 ottobre). In questo caso, sparendo di fatto il Comune di Morro d’Alba, che diventerebbe una sorta di frazione di Senigallia, nelle etichette della Lacrima di Morro d’Alba andrebbe Comunque inserito il Comune di Senigallia come luogo di origine, specificando Morro come frazione. Ma Morro, per esempio, spiega Benvenuti, “non potrà più essere indicato come riferimento per le cantine che producono Verdicchio”. La legge sulle Do, infatti, non permette che vengano indicati in etichetta nomi di frazioni se non legati al nome stesso del vino.

“Niente di drammatico - commenta Benvenuti - ma di certo servirà una certa attenzione e rapidità di intervento a livello amministrativo e consortile per risolvere queste questioni tecniche. E poi chissà che qualche elemento di novità a livello amministrativo non possa essere Comunque uno stimolo per innovazioni positive anche nel mondo delle denominazioni del vino italiano”.

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