Torna a crescere l’export dell’agroalimentare italiano che, dopo la battuta d’arresto in luglio, chiude il mese di agosto in territorio positivo, a quota 24,5 miliardi di euro nei primi 8 mesi 2016, il 12,3% in più dell’agosto 2015, come rivelano i dati Istat sul commercio estero analizzati da Ismea. Un dato che riflette un aumento del valore delle vendite all’estero dei prodotti agricoli (+6,5% su base annua), ed una crescita ancor più importante dell’export dei prodotti alimentari trasformati (+13,5%), la più significativa degli ultimi due anni. Grazie all’andamento positivo di agosto, migliora anche il dato cumulato dei primi mesi del 2016: sullo stesso periodo del 2015, tra gennaio e agosto 2016 l’export agroalimentare è cresciuto del 3,1%, sempre sospinto dalla dinamica positiva delle vendite dei prodotti trasformati (+3,5%).
L’analisi Ismea, inoltre, indica una diminuzione del grado di dipendenza dall’estero dell’Italia per i prodotti agroalimentari, con il saldo del valore degli scambi commerciali che passa dal -8,3% dei primi 8 mesi del 2015 al -6,5% del corrispondente periodo 2016. Si riduce ulteriormente, così, l’incidenza delle importazioni sugli scambi per i prodotti dell’industria alimentare, mentre rimane elevata la dipendenza dall’estero dei prodotti agricoli. Infine, sulla base degli ultimi dati diffusi dall’Istat sulle esportazioni regionali e relativi al primo semestre dell’anno, viene evidenziato che il maggiore contributo al buon andamento delle vendite agroalimentari all’estero è arrivato dalle regioni del Nord- Est e del Centro.
“Un risultato importante - ha commentato il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Maurizio Martina - che è frutto del grande lavoro delle nostre imprese. Il Governo è in campo da due anni a loro supporto con il Piano per l’internazionalizzazione del made in Italy, presentato a Expo Milano e rifinanziato anche per il 2017 nella manovra approvata sabato. L’obiettivo è favorire la crescita e conquistare nuovi spazi sui mercati internazionali, contrastando l’italian sounding. All’interno di questa strategia rientra la “Settimana della cucina italiana nel mondo”, evento che organizzeremo a novembre con le Ambasciate, i Consolati, gli Istituti italiani di Cultura e con la collaborazione di chef italiani di fama internazionale”.
Se c’è un prodotto che spicca, nell’ottimo risultato del settore, quello è lo spumante, che fa segnare un incremento delle vendite sui mercati esteri del 21%, al massimo di sempre, come racconta l’analisi di Coldiretti. All’estero, infatti, non sono ma state bevute tante bollicine italiane: la Gran Bretagna è diventata, nel 2016, il primo mercato mondiale di sbocco delle spumante italiano che, con un aumento record del 42%, si pone davanti agli Stati Uniti, dove comunque si rileva un +23%, mentre in posizione più defilata si trova la Germania, dove si registra una sostanziale stabilità delle vendite. Nella classifica delle bollicine italiane preferite nel mondo, guida il Prosecco, seguito da Asti e Franciacorta, che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Già lo scorso anno, ricorda la Coldiretti, con 320 milioni di bottiglie stappate all’estero fuori dai confini nazionali si era bevuto più spumante italiano che Champagne, le cui esportazioni si sono fermate a 307 milioni di bottiglie. Il risultato più significativo del 2016 è infatti l’aumento del 59% delle vendite di bollicine tricolori in Francia, con i cugini d’oltralpe che, nel 2016, si classificano al quarto posto come maggiori consumatori.
Torna a correre, quindi, l’agroalimentare italiano all’estero che, secondo le proiezioni della Cia - Agricoltori Italiani, potrebbe sfiorare quota 38 miliardi di euro, mettendo a segno un nuovo record dopo quello del 2015 (36,8 miliardi). Al mercato Ue sono stati destinati oltre due terzi delle vendite (circa 16,2 miliardi di euro pari al +5% sul 2015), con Germania, Francia e Regno Unito a occupare le prime tre posizioni sul podio dei mercati di sbocco. Per le vendite oltremanica, valse oltre 2 miliardi di euro, si segnala la crescita media tendenziale del 2,2%. A testimonianza del fatto che nei primi mesi dopo il referendum, la Brexit non si è tradotta in una contrazione delle esportazioni Made in Italy. Sul fronte Extra-Ue, oltre 2,4 miliardi di prodotti agroalimentari italiani sono finiti sulle tavole dei consumatori statunitensi. Un campanello di allarme lo ha fatto registrare al contrario Pechino, dove le vendite di cibi e bevande nazionali (seppur a livello assoluto non rivestano una quota significativa sul totale) hanno ceduto nei primi otto mesi dell’anno il 16% del loro valore.
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