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Frena il vino italiano in Usa nei primi 9 mesi 2016: -0,9% in volume e solo +1,8% in valore, insidiato dal Cile nei vini di basso prezzo, e dalla Francia nell’alto di gamma: così l’Italian Wine & Food Institute, guidato da Lucio Caputo

Italia
Frena il vino italiano in Usa, attaccato da Cile su basso prezzo e da Francia nel top di gamma, ecco i dati Iwfi

Rischia di essere un anno con il segno negativo, il 2016, per il vino italiano in Usa, che, nei primi 9 mesi 2016, vede le sue importazioni diminuire dello 0,9% in volume (1,89 milioni di ettolitri) e crescere in valore dell’1,8% (a 989,9 milioni di dollari) sullo stesso periodo del 2015. Una decisa frenata, dunque, negli ultimi 3 mesi per il vino tricolore negli States, visto che le rilevazioni di metà anno davano il Belpaese enoico in crescita dello 0,6% in volume e del 3,9% in valore sul 2015. A dirlo i dati dell’Italia Wine & Food Institute di Lucio Caputo, secondo il quale questo, senza drammi, è “un campanello di allarme che non può essere assolutamente sottovalutato, anche perché va visto nel contesto generale del mercato e in relazione ai principali concorrenti dell’Italia. Che si è venuta a trovare in una fase di stallo nella quale sta subendo un contemporaneo e concentrico attacco sia nella fascia bassa che in quella alta della sue esportazioni vinicole”. Le performance italiane, in effetti, sono sostanzialmente in linea, se non migliori, di quelle dell’import americano nel suo complesso, a -0,8% in quantità (6,5 milioni di ettolitri) e +0,7% in valore (2,93 miliardi di dollari), con il Belpaese che si conferma leader, con una il 33,7% del mercato dei vini stranieri in valore ed il 29,2% in quantità, con un prezzo medio dei vini italiani imbottigliati sui 5,2 dollari al litro, contro gli 8,6 dollari dei vini francesi (i più cari ma in ribasso) ed gli 1,7 dollari dei vini cileni.
Ma l’Italia, secondo Caputo, è insidiata sui “vini più commerciali e di più basso prezzo dal Cile che, nei nove mesi in esame, ha fatto registrare un incremento di ben il 22% in quantità (1,16 milioni di ettolitri) nelle sue esportazioni verso gli Usa, anche se perde il -2,3% in valore (198,8 milioni di dollari)”, diventato il secondo fornitore degli States, mentre il Belpaese “sta subendo un notevolissimo attacco nella fascia alta delle sue esportazioni dalla Francia (+8,4% in quantità, a 778.640 ettolitri, e +3,8% in valore, a 680,7 milioni di dollari), che, negli ultimi tre anni, ha compiuto una incredibile scalata nella classifica dei paesi fornitori del mercato USa portandosi al secondo posto a ridosso dell’Italia nelle esportazioni in valore”.
In Cile, divenuto il secondo paese fornitore del mercato Usa, vengono prodotti vini di ottima qualità, spiega l’Italiana Wine & Food Institute, venduti sul mercato Usa a prezzi più bassi di quelli italiani. Per i consumatori americani di tale fascia di mercato il prezzo è l’elemento determinante nella scelta del vino, ed i vini italiani per questo target non godono al momento di un particolare prestigio che ne possa giustificare il loro maggior costo.
Al contempo, sempre secondo il presidente dell’Iwfi, i francesi, che sono riusciti a contenere i loro costi e che hanno costantemente investito nell’immagine e nel prestigio dei loro grandi vini, “stanno decimando la fascia alta delle esportazioni italiane (con meno della metà in volume raggiungono i due terzi di quelle in valore) che nell’immagine del consumatore Usa è cara sopratutto in considerazione del fatto che non gode più di quell’immagine di prestigio che aveva faticosamente conquistato”.
A confermare, invece, la loro crescita tumultuosa sono, come sempre, gli spumanti tricolore, che nei primi 9 mesi del 2016 vedono una crescita del 22,5% in volume sul 2015, a 426.400 ettolitri, e del 30,2% in valore, a 237,5 milioni di dollari.

Un quadro non drammatico, comunque, ma di cui tener conto per gli sviluppi futuri visto che gli Usa sono il primo mercato in valore per il vino italiano. “Ovviamente in una situazione del genere, non essendo possibile competere riducendo i prezzi nella fascia bassa, occorre puntare sul miglioramento dell’immagine e del prestigio dei vini italiani - aggiunge l’Iwfi - che è l’unico modo per attrarre verso i vini italiani un più alto numero di consumatori statunitensi facendo aumentare la domanda a beneficio di tutto il vino italiano”.
“Purtroppo da parte italiana, in questi ultimi anni, si sono continuati ad usare i limitati fondi disponibili nel settore pubblico per attività che incrementavano l’offerta di vini italiani in un mercato pressoché chiuso all’aumento del numero dei fornitori - critica Caputo - senza far praticamente nulla per incrementare la domanda con gli ovvi risultati negativi che si stanno ora registrando. Al contempo anche nel settore privato le case vinicole più prestigiose ed affermate sui mercati esteri si sono astenute da significative azioni a sostegno dell’immagine dei loro vini preferendo far cassa sulla favorevole situazione esistente come se la stessa dovesse durare in eterno senza alcun supporto”.

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