L’Italia è, di gran lunga, il Paese con la maggiore diversità vinicola. Non lo dice solo il numero superiore ad ogni altro Paesi di vini Dop e Igp (oltre 520 in totale), ma anche il fatto che il 75% della sua superficie vitata (690.000 ettari in totale, di cui 660.000 per l’uva da vino, ndr) è composto dagli 80 vitigni più coltivati. Una enormità, rispetto ai poco meno di 40 del Portogallo e ai poco più di 30 della Romania, che seguono il Belpaese in questa particolare classifica, redatta dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, che, con il dg Jean-Marie Aurand, ha presentato il suo “Bilancio 2017 sulla situazione vitivinicola mondiale”, nel Congresso mondiale della vigna e del vino a Sofia, in Bulgaria. Che, in sostanza, conferma tutti i dati annuncianti nel “punto di congiuntura” presentato in aprile, nei giorni di Vinitaly (una superficie vitata mondiale cresciuta a 7,5 milioni di euttari, una produzione di uva 2016 sui 75 milioni di tonnellate, una produzione di vino stimata sui 267 milioni di ettolitri ed un consumo sui 241, https://goo.gl/dLUWth, ndr), ma che approfondisce proprio l’aspetto dei vigneti.
Con l’Italia che, come detto, vede nei numeri Oiv certificata la sua reale biodiversità vitivinicola, ampiamente superiore anche ai suoi principali competitor come Francia e Spagna, che vedono il 75% dei loro vigneti coperto da meno di 15 varietà. In particolare, emerge dai dati Oiv, in Italia il vitigno più coltivato è il Sangiovese, che rappresenta l’8% del vigneto totale, seguito da Montepulciano, Glera e Pinot Grigio (4% a testa) e dal Merlot (3%), mentre gli altri vitigni pesano per il 77%.
Di contro, in Francia, vitigno più coltivato è il Merlot (14% del vigneto totale, che conta 785.000 ettari), seguito dall’Ugni Blanc (trebbiano) e dal Grenache (10%), dal Syrah (8%) e dallo Chardonnay (6%), con queste cinque varietà che da sole valgono il 48% del totale.
Situazione ancora più polarizzata in Spagna, dove il grosso del vigneto (975.000 ettari) è fatto da Airen (22%) e Tempranillo (21%), e poi Bobal e Garnacha (6%) e Viura (o Macabeu, 5%), con tutti gli altri vitigni relegati nel restante 39% di superficie vitata.
Ma l’Oiv sottolinea anche come dello oltre 10.000 varietà di vite conosciute nel mondo, tra varietà da vino e da tavola, sole 13 rappresentano oltre un terzo della superficie vitata totale, e 33 oltre la metà. La più coltivata in assoluto è la varietà Kyoho, uva da tavola che occupa 365.000 ettari nel mondo (e che, inoltre, copre da sola il 44% degli 847.000 ettari vitati complessivi della Cina, che vede oltre il 60% del suo vigneto totale destinato ad uva da tavola, ndr), seguita dal Cabernet-Sauvignon, la varietà da vino più coltivata, con 340.000 ettari, e dall’uva Sultanina (la maggior parte utilizzata come uva da tavola, ma usata anche per produrre vino) con 300.000 ettari. Seguono il Merlot (266.000 ettari), il Tempranillo (231.000), l’Airen (218.000), lo Chardonnay (211.000), il Sirah (190.000), il Grenache Noir (163.000 ettari), la Red Globe (uva da tavola, con 160.000 ettari), il Sauvignon Balnche (121.000), il Pinot Nero (115.000) e l’Ugni Blanc o Trebbiano Toscano (111.000 ettari).
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