Il giro d’affari 2015 delle prime venti realtà italiane nella produzione di grappa, ha toccato i 223 milioni di euro, in calo dai 225 del 2014, ma le prospettive di crescita potrebbero arrivare dall'export, che ha ancora un'incidenza del 25% sul fatturato complessivo, come rivela la ricerca sul settore firmata da Pambianco Strategie di Impresa. Tuttavia, la situazione delle principali realtà di settore è statica, condizionata dalla debolezza del mercato interno e dal suo peso tuttora dominante. Una quota superiore al 25% del fatturato complessivo viene registrata dai primi due player, Bonollo spa e Bonollo Umberto (marchio Of), entrambi con un giro d’affari di 33 milioni di euro. Solo nove aziende presentano fatturati oltre i dieci milioni: oltre a Bonollo e Bonollo Umberto, Franciacorta Distillerie (27,2 milioni di euro), Bonaventura Maschio (18,9 milioni di euro), Marzadro (18,1 milioni di euro, Francoli (24,4 milioni di euro), Nonino (13 milioni di euro), Berta (12,4 milioni di euro) e Castagner (11,2 milioni di euro).
Un caso a parte è proprio quello di Nonino, azienda che negli anni Settanta rivoluzionò il modo di produrre e presentare il prodotto con la creazione della grappa Monovitigno, il cui export dichiarato per il 2016 è pari al 50% del fatturato totale. “L’essere un brand globale, oggi siamo distribuiti in 72 Paesi del mondo, è la conseguenza di una condotta qualitativa e di innovazione sempre con un metodo di distillazione 100% artigianale”, commenta Antonella Nonino, che assieme alle sorelle Cristina ed Elisabetta gestisce l’azienda di Percoto (Udine). I principali mercati esteri di Nonino corrispondono a quelli tradizionali del mondo grappa, ovvero i Paesi di lingua tedesca e a seguire il Nord America, cui si aggiungono i mercati asiatici, sudamericani e africani. “La grappa può crescere ancora nel panorama mondiale - aggiunge Nonino - purché sia pronta a investire nella qualità. La nostra famiglia si batte da 30 anni per ottenere una regolamentazione di produzione. C’è un problema di qualità e di trasparenza verso il cliente finale, che il governo dovrebbe risolvere obbligando a indicare chiaramente in etichetta il metodo di distillazione, industriale con alambicco continuo o artigianale con quello discontinuo, e se l’azienda ha realmente prodotto o si è limitata a imbottigliare quella grappa”.
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