Più che una spirale, quella dei dazi e dei contro dazi sta diventando una guerra senza quartiere. Di fronte, due giganti come Usa e Cina, in mezzo l’Unione Europea, che se da una parte rischia di rimanere schiacciata dall’escalation iniziata qualche settimana fa con l’introduzione dei dazi sull’acciaio voluti dal Presidente Usa Donald Trump, dall’altra potrebbe avvantaggiarsi della tensione tra i due big per sfruttare al meglio i canali commerciali con i due Paesi. Di certo, un livello di instabilità del genere non avvantaggia nessuno, e lo sanno bene le associazioni agricole, visto che una delle contromisure della Ue ai dazi Usa sull’acciaio riguarda anche prodotti agricoli ed alimentari come bourbon whisky, mirtilli, succo d’arancia, fagioli, mais, burro d’arachidi, riso, tabacco e sigari che, come ricorda la Coldiretti, solo per l’Italia, valgono circa 30 milioni di euro nel 2017.
Ovviamente, non finisce qui, perché ancor prima dell’entrata in vigore (domani) dei dazi voluti dall’Europa, gli Usa hanno aperto un altro fronte, quello dei dazi antidumping, inaugurato con volontà di aumentare fino al 50% i dazi sulle importazioni di olive spagnole, che potrebbero estendersi anche agli altri prodotti agroalimentari comunitari sostenuti dalla Politica Agricola Europea. Ed è questo l’aspetto che più preoccupa il mondo dell’agroalimentare, in particolar modo quello italiano (che nel solo 2017 ha esportato 4 miliardi di euro di agroalimentare verso gli Usa), perché la Pac è una forma di sostegno fondamentale per l’agricoltura europea, anche nell’ambito della promozione all’estero, specie sui Paesi terzi, nonostante gli Usa continuino a vederla come un vero e proprio aiuto di Stato, in aperto contrasto con la libera concorrenza. Il pericolo, insomma, arriva da lontano, perché la procedura sulle olive spagnole, che secondo Washington fanno concorrenza sleale a quelle della California, è stata avviata quasi un anno fa (luglio 2017), e la speranza è che resti un caso isolato, altrimenti gli effetti sarebbero davvero devastanti, specie per il vino, che in Usa ha un mercato da oltre un miliardo di euro.
Proseguendo nell’analisi di questa spirale senza fine, c’è da registrare la posizione della Cina che, come sottolinea Confagricoltura, potrebbe imporre dazi aggiuntivi sul 90% dei prodotti agroalimentari importati dagli Usa, per un controvalore annuale di circa 20 miliardi di dollari. Il che, evidentemente, aprirebbe la porte a chi, come Europa e Sud America, rimane fuori dalla contesa, pur con tutti i rischi di un’ulteriore inasprimento dei rapporti commerciali con gli Usa. Secondo le stime dell’Usda, il ministero Usa dell’Agricoltura, per effetto dei dazi cinesi, il reddito dei produttori di seminativi potrebbe ridursi del 20%. Ma c’è anche un altro aspetto, come spiega Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura: “occorre anche considerare che i dazi straordinari fanno salire l’instabilità sui mercati, perché vengono amplificate le reazioni rispetto all’andamento dei raccolti”. Come racconta, ad esempio, il caso della soia. “In Brasile - spiega Giansanti - è prevista una produzione abbondante, nell’ordine di 115 milioni di tonnellate, in grado di soddisfare la maggiore domanda dalla Cina. Di converso, a causa di una prolungata siccità, l’Argentina, terzo produttore al mondo, dovrà importare circa 5 milioni di tonnellate di soia per soddisfare la domanda degli impianti di triturazione. In più - conclude Giansanti - siamo preoccupati per il fatto che, in passato, gli strumenti della politica agricola comune si sono rivelati inadeguati a prevenire e gestire le gravi crisi di mercato. Basti pensare alle conseguenze del blocco delle importazioni deciso dalla Federazione Russa”.
Insomma, l’instabilità commerciale che si sta delineando non è una buona notizia per l’agricoltura e l’agroalimentare del Belpaese, ma paradossalmente, se l’Europa riuscirà a mantenere una certa equidistanza tra i contendenti, Cina e Usa, potrebbero aprirsi delle possibilità importanti su entrambi i fronti. Di certo, la situazione non piace neanche agli agricoltori americani, con i leader delle principali organizzazioni di categoria che, nei giorni scorsi, hanno inviato una lettera al presidente Donald Trump e al Congresso per chiedere la sospensione delle guerre commerciali e di riportare le trattative nella sede dell’Organizzazione mondiale del commercio.
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