I piccoli borghi agricoli d’Italia si stanno svuotando, anche per gli effetti a lungo termine dei terremoti di mesi scorsi che hanno colpito Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria. E nei paesi svuotati e con il turismo in lenta ripresa, si registra ancora un crollo del 70% delle vendite che sta soffocando l’economia locale, a partire dagli agricoltori e gli allevatori che sono rimasti nonostante le difficoltà”. A dirlo la Coldiretti, nei giorni scorsi al “Villaggio Contadino” del Circo Massimo a Roma, a due anni dalle scosse che hanno devastato i territori.
“Nelle zone terremotate è ancora lontano il ritorno alla normalità, dalle difficoltà abitative delle popolazioni locali ai problemi a far tornare i turisti, mentre si scontano i ritardi della ricostruzione. Il risultato è un crollo delle vendite dei prodotti locali che gli agricoltori, a prezzo di mille difficoltà, sono comunque riusciti a salvare dalla macerie - sottolinea Coldiretti - garantendo la continuità produttiva e, con essa, una speranza di ripresa in un territorio a prevalente economia agricola. In difficoltà ci sono 25.000 aziende agricole e stalle censite nei 131 Comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo dove - continua la Coldiretti - c’è una significativa presenza di allevamenti con oltre 100.000 animali tra mucche, pecore e maiali, e un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. Lenta ripresa anche per i 444 agriturismi che secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat operano nell’area dei quali 42 in Abruzzo, 40 nel Lazio, 247 nelle Marche e 115 in Umbria”.
“Per aiutare le aziende a risollevarsi è scattata in questi ultimi due anni una grande azione di solidarietà e aiuto con la consegna gratuita di 565.260 litri di gasolio alle aziende agricole grazie all’impegno di Coldiretti, Consorzi Agrari d’Italia, Eurocap Petroli e del Consorzio Cooperativo Finanziario per lo Sviluppo, senza alcun contributo pubblico e sempre la Coldiretti assieme all’Associazione Italiana Allevatori e ai Consorzi Agrari ha consegnato mangiatoie, mangimi, fieno, carrelli per la mungitura, refrigeratori e generatori di corrente oltre a roulotte, camper e moduli abitativi” ricorda il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
“Ma hanno avuto rilevanza - continua Moncalvo - anche le operazioni “adotta una mucca”, per dare ospitalità ad almeno 2.000 pecore e mucche sfollate a causa dei crolli delle stalle, e “dona un ballone” di fieno per garantire l’alimentazione del bestiame o la riscoperta dell’antica tradizione agropastorale della “paradura” con la quale i pastori sardi della Coldiretti hanno donato mille pecore ai loro colleghi umbri colpiti dalle scosse per risollevarne le sorti. In segno di riconoscenza le agnelle nate da queste pecore sono state appena restituite ad alcuni pastori sardi che hanno perso il proprio gregge”. Senza dimenticare, conclude Moncalvo, i mercati degli agricoltori di Campagna Amica, nella Capitale e in tutta la Penisola, che continuano ad ospitare gli agricoltori terremotati e i loro prodotti rimasti senza sbocchi di mercato con oltre 60.000 italiani che hanno assaggiato la “caciotta della solidarietà”, ottenuta con il latte raccolto dalle stalle terremotate di Norcia, Amatrice e Leonessa e il “cacio amico” fatto con il latte degli allevamenti marchigiani.
Un vero e proprio fiume di solidarietà che ha permesso a molti di ripartire dopo aver perso tutto.
È il caso di Gabriele Piciacchia, allevatore laziale di Grisciano (Accumoli), che prima del sisma produceva 12 quintali di latte al giorno grazie alla sue 80 vacche su un terreno acquistato dal nonno nel 1907. Poi il terremoto. Un operaio morto, la casa inagibile e la stalla distrutta l’hanno indotto a (s)vendere la mandria. “Fu una scelta obbligata, dopo il secondo crollo ho avuto paura per la vita dei miei figli e per quella degli animali” - spiega Piciacchia. Ora la rinascita, grazie anche “al grande supporto della Coldiretti”. Gabriele è ripartito, ha acquistato 40 vacche da carne, installato una tensostruttura e riconvertito l’azienda. Vive sempre a Grisciano con la moglie Sara e i 2 figli, in una casetta di legno di 42 mq, donata da due sorelle di Artegna (piccolo comune in provincia di Udine), che l’avevano acquistata dopo il terremoto del Friuli del 1976. “Sono venuti 5 alpini di Giussano per montarla: non smetterò mai di ringraziarli”, sottolinea Piciacchia.
Barbara Bonifazi, 29enne di Camerino (Macerata), ha visto l’azienda di famiglia praticamente distrutta dal sisma, con gravi danni alle stalle, al laboratorio dove si producevano formaggi e salumi e al punto vendita. Nonostante una laurea in Geologia in tasca, la ragazza marchigiana ha scelto di non abbandonare il suo territorio. La 29enne ha presentato domanda di insediamento giovani con il Piano di sviluppo rurale e dalle macerie ha fatto risorgere una nuova azienda chiamata significativamente “La Rinascita”. Ridata una casa agli animali, ora Barbara sta lottando con la burocrazia per poter riaprire laboratorio e punto vendita.
La Cooperativa della Lenticchia di Castelluccio di Norcia, composta da circa una trentina di aziende del territorio, è, invece, riuscita a salvare una delle eccellenze simbolo del sisma, un classico prodotto dell’agricoltura di montagna (IGP) coltivato in maniera del tutto naturale a quota 1.400 metri. Prima la strada interrotta per raggiungere il Pian Grande dove avviene la semina e la raccolta del prezioso legume, poi la siccità hanno creato disagi e difficoltà notevoli, con una produzione calata del 30% e tornata solo in questa stagione a livelli normali (intorno ai 3.500/4.000 quintali). Ma la tenacia degli imprenditori agricoli di Castelluccio ha permesso di salvare anche lo straordinario spettacolo di colori dell’annuale “fioritura” che richiama in Umbria migliaia di turisti da tutt’Italia e non solo. Dovrà comunque passare ancora del tempo per un ritorno completo alla piena normalità di imprese e famiglie.
Una lenta ripresa, difficilissima, anche perché “agricoltori e gli allevatori terremotati hanno perso in due anni oltre mezzo miliardo di euro solo a causa del crollo delle produzioni e delle vendite senza contare i danni strutturali a stalle, case e fabbricati rurali”, ricorda Coldiretti.
“Confrontando i dati del Pil agricolo pre-sisma nel 2015 con quelli dei due anni successivi il crollo maggiore ha interessato - rileva Coldiretti - l’agricoltura umbra con la perdita secca complessiva di quasi 260 milioni di euro di valore delle produzioni. Nel Lazio sono stati “bruciati” 175 milioni di euro mentre nelle Marche il conto parla di 140 milioni di euro. Nel 2017 si è verificata una tiepida ripresa delle produzioni agricole rispetto all’annata precedente ma la situazione è ancora lontana dal tornare alla normalità se si considera che il Pil agricolo è ancora complessivamente inferiore a quello del 2015, con punte del 13% in meno per l’Umbria e del 6% in meno per le Marche”.
“Tra i settori più colpiti c’è sicuramente - spiega Coldiretti - quello dell’allevamento, dove la produzione di latte è calata del 20% anche per la chiusura delle stalle, ma le difficoltà non hanno scoraggiato la maggioranza di agricoltori e allevatori che, a prezzo di mille difficoltà e sacrifici, non hanno abbandonato il territorio ferito e sono riusciti a garantire la produzione della maggior parte delle tipicità. Lo dimostra il fatto - ricorda la Coldiretti - che a Castelluccio di Norcia si è portata a termine la raccolta della prestigiosa lenticchia con la falciatura degli oltre 500 ettari seminati ed un raccolto attorno ai 3-4.000 quintali. E sulle tavole rimane anche il ciauscolo, il caratteristico salame spalmabile marchigiano, il pecorino dei Sibillini e le tante altre specialità del territorio - continua la Coldiretti - come la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano, il tartufo, il prosciutto di Norcia Igp o la cicerchia”.
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