Investire fortemente nel supporto della promozione e del mercato del vino italiano nel mondo, soprattutto in Asia, perchè è dai mercati orientali, Cina in testa, ma non solo, che passerà la crescita del Belpaese enoico. È il futuro di Vinitaly, la più importante fiera del vino italiano e brand di primo rilievo nella promozione sui mercati esteri, che si avvia alla sua edizione n. 53, a Verona (7-10 aprile), rilanciando la sua missione di sviluppo del business e promozione della cultura del vino nel mondo, con una partecipazione straniera in fiera ancora una volta in aumento e con un importante investimento di Veronafiere Spa per potenziare il suo network internazionale, con la creazione di due “avamposti” fieristici strategici in due aree di particolare significato per il vino italiano, Asia e Stati Uniti, come spiegato oggi a Roma dal presidente Maurizio Danese e dal dg Giovanni Mantovani.
“Già nel 2020 - come ha detto a Winenews il presidente Danese - sarà operativa in Cina una piattaforma fieristica realizzata con un partner locale, per favorire la promozione del vino italiano su un mercato emergente e potenzialmente molto interessante per il futuro”. L’accordo di partnership, che rivelerà anche il nome ancora sconosciuto del partner, sarà firmato a Vinitaly. La piattaforma americana è, invece, ancora in fase progettuale ma troverà realizzazione entro il 2022 sulla scia della considerazione, come ha osservato il presidente di Veronafiere, “che riteniamo fondamentale il presidio dei mercati tradizionali importanti come gli Stati Uniti d’America”.
Anche per rilanciare un export che è focus dell’attività di Vinitaly e dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, illustrato da Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor. E dopo il focus del 2018 sugli Usa, “il primo mercato al mondo, e ancora con grandi margini di crescita - ha detto Mantovani - quest’anno non potevamo che analizzare quello più promettente, ovvero l’Asia”.
L’analisi, profeticamente intitolata “Asia: la lunga marcia del vino italiano”, ha evidenziato come l’area che comprende Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud e gli altri Paesi vicini stia crescendo in modo esponenziale nella richiesta di vino straniero. Una vera passione in crescita, focalizzata in prevalenza su vini fermi rossi - con Bordeaux e Borgogna a farla da padroni - che vale 6,45 miliardi di euro, per un crescita, nell’ultimo decennio, del 227%. In questa corsa al vino, l’Asia è prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa), che si attestano a 6,95 miliardi di euro, e una crescita del 65% negli ultimi dieci anni. L’Ue rimane il mercato più importante (13,3 miliardi di euro) ma in dieci anni è cresciuto solo del 20%.
In Asia domina la Francia, per un valore di 3,24 miliardi. Vanno bene anche Australia (al 15,9% del mercato) e Cile (8,9%), aiutati dai dazi favorevoli, mentre la quota di mercato italiana si ferma al 6,5% (419 milioni di euro).
Per definire la supremazia francese nel numero delle bottiglie, l’Asia Orientale ha importato quasi 93 milioni di bottiglie di Bordeaux (e 6 milioni di Borgogna), mentre il complessivo dei rossi Dop provenienti da Toscana, Piemonte e Veneto supera di poco i 13 milioni di bottiglie. Guardando il valore, il rapporto è 11 a 1, con 864 milioni di euro totalizzati dal solo Bordeaux contro i 77 milioni dei rossi Dop delle tre Regioni italiane.
Ma si intravedono le prospettive per un cambio di passo e un futuro più roseo. Secondo l’Osservatorio, l’import di vini italiani registrerà, infatti, nei prossimi cinque anni, un tasso superiore ai consumi dell’area: fino all’8% in Cina, dall’1% al 2,5% in Giappone, complice l’accordo di partenariato economico, dal 5,5% al 7,5% in Corea del Sud e dal 3% al 4,5% a Hong Kong. Un cambio di rotta importante, considerando che finora in Cina in 5 anni l’incremento italiano ha sfiorato l’80%, mentre le importazioni dal mondo hanno segnato un +106%. Stesso discorso a Hong Kong (+28% vs +67%) e in Corea del Sud (+36% vs +60%) e soprattutto in Giappone - il mercato più “tricolore” in Asia - dove il Belpaese non ha fatto meglio di un +3,4%, contro una domanda del Sol Levante nel 2018 cresciuta di quasi il 30%.
Per il ceo di VeronaFiere Mantovani “c’è più di un motivo per credere in un positivo cambio di rotta in questa nostra lunga marcia verso l’Asia. Il clima sta cambiando, sia da parte dell’offerta italiana che dalla domanda asiatica. Al recente Vinitaly Chengdu, per esempio, abbiamo riscontrato un interesse senza precedenti con il raddoppio degli espositori e un incremento convincente dei buyer”.
Intanto, Vinitaly si prepara ad aprire le porte con numeri ancora una volta in aumento e dove anche l’Agenzia per la promozione all’estero e l’Internazionalizzazione delle imprese italiane Ice - ha osservato il direttore Roberto Luongo - ha fatto la sua parte con “un investimento sostanzioso” che porterà in fiera 300 operatori da 34 Paesi. Frutto, anche, degli 8 milioni di euro che l’Ice ha stanziato per il supporto e la promozione del vino italiano nel mondo.
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