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CIBO E CLIMA

Il surriscaldamento fa strage nelle campagne italiane: allevamenti a rischio e frutteti in ginocchio

L’invasione di insetti e organismi alieni portati dai cambiamenti climatici a causato danni economici per mezzo miliardo di euro. I dati Coldiretti
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La cimice asiatica, tra gli insetti "alieni" costati mezzo miliardo di euro nei campi

Mezzo miliardo di euro. Ecco l’ammontare dei danni causati dall’invasione di insetti e organismi alieni che sono arrivati nelle campagne italiane a causa dei cambiamenti climatici e dalla globalizzazione degli scambi. Il rapporto Coldiretti su “Sos Clima per l’agricoltura italiana”, presentato al Villaggio Contadino di Bologna nello sciopero mondiale del clima, mette in luce la “strage nei campi” con il surriscaldamento che ha stravolto il settore portando “ospiti” non molto graditi. Nomi sconosciuti fino a poco tempo fa, come la Popillia japonica o la Drosophila suzukii, stanno invece preoccupando gli agricoltori che adesso se la devono vedere con l’ultima arrivata dalla Cina: la “cimice marmorata asiatica”. La sua diffusione è stata favorita dal caldo con i frutteti che sono in pericolo, così come l’occupazione, perché se i raccolti vengono a mancare la manodopera serve meno.
Lo scenario non è dei migliori: dal batterio della Xylella, introdotto con molta probabilità dal Costa Rica attraverso le rotte commerciali di Rotterdam, e che ha messo in ginocchio gli uliveti del Salento (in provincia di Lecce perse 3 olive su 4 con un crollo del 73% della produzione che Coldiretti Puglia sostiene sia irrecuperabile nell’annata 2019-2020) intaccando il patrimonio olivicolo di Brindisi e Taranto arrivando fino a Monopoli. E poi c’è il “moscerino killer”, ribattezzato Drosophila suzukii, che sta attaccando ciliegie, mirtilli e uva soprattutto in Veneto; il Dryocosmus kuriphilus, sempre in arrivo dalla Cina, ha invece fatto soffrire i castagni. Del miele se ne è già parlato, con la produzione ai minimi. Quelli di acacia, castagno, di agrumi e mille fiori, sostiene la Coldiretti, “è minacciata da due insetti killer, il calabrone asiatico (Vespa velutina) e il coleottero africano (Aethina tumida) che mangiano e rovinano il miele, il polline e, soprattutto, la covata annientando la popolazione di api o costringendola ad abbandonare l’alveare”.
A fare strage di palme ci ha pensato invece il punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus originario dell’Asia e putroppo ormai noto in varie regioni d’Italia. “Con il cambiamento climatico, sotto accusa è il sistema di controllo dell’Unione Europea con frontiere colabrodo - denuncia il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini - che ha lasciato passare materiale vegetale infetto e parassiti vari. Una politica europea troppo permissiva che consente l’ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici nell’Ue senza che siano applicate le cautele e le quarantene che devono invece superare i prodotti nazionali quando vengono esportati con estenuanti negoziati e dossier che durano anni. Per effetto dei cambiamenti climatici e della globalizzazione si moltiplica l’arrivo di materiale vegetale infetto e parassiti vari che provocano stragi nelle coltivazioni e per questo serve un cambio di passo nelle misure di prevenzione e di intervento sia a livello comunitario che nazionale anche con l’avvio di una apposita task force”.
E anche gli animali soffrono, sempre per colpa di quel surriscaldamento che ha inaridito i pascoli, ridotto la disponibilità di foraggio, tagliato la produzione di latte nelle stalle colpite dal moltiplicarsi dei colpi di calore estivi e aumentato i costi per garantire il benessere degli animali in condizioni climatiche più difficili. Il risultato è che 2 milioni di mucche, maiali, pecore e capre sono scomparsi dalle fattorie italiane negli ultimi 10 anni. “Stalle, ricoveri e ovili si sono svuotati con la Fattoria Italia che nell’ultimo decennio ha perso - precisa Coldiretti - solo tra gli animali più grandi, circa 1 milione di pecore, agnelli e capre, oltre a 600.000 maiali e più di 100.000 bovini e bufale. Un addio che ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori”. Altra conseguenza è che negli ultimi 25 anni è andato perso il 28% della superficie agricola (analisi Coldiretti su dati Ispra) un fenomeno che ha drasticamente ridotto la capacità di assorbire emissioni inquinanti e favorito l’infiltrazione di milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori. Con la chiusura delle stalle, commenta Coldiretti, “cala anche la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni e alla base dell’agricoltura biologica con l’Italia che detiene la leadership europea in termini di numero di aziende”. La nostra straordinaria biodiversità che è a rischio: parliamo, precisa Coldiretti, di ben 130 razze allevate. Non a caso, al Villaggio Contadino di Bologna, è stata inaugurata l’Arca di Noè dell’agricoltura italiana con gli animali, le piante e i prodotti della fattoria Italia minacciati dai cambiamenti climatici. Un indicatore sensibile dello stato di salute dell’ambiente è dato dalle api, vere e proprie sentinelle dell’equilibrio naturale globale e della biodiversità. E, non a caso, il miele scarseggia. Il surriscaldamento ha cambiato le tradizioni e le condizioni ambientali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. E non dimentichiamo che gli animali custoditi negli allevamenti italiani svolgono anche un ruolo utile che è quello del presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali. “Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”, commenta Ettore Prandini che torna a insistere sulla “nuova legge sul consumo di suolo, approvata da un ramo del Parlamento nella scorsa legislatura ma finita su un binario morto in attesa della discussione in Senato. Dobbiamo togliere dalla palude questa norma importante per il futuro dell’Italia e vararla prima possibile”.
Dalla “disfatta del clima” non si salvano neppure i frutteti: dal rapporto Coldiretti emerge che negli ultimi 20 anni è sparita quasi 1 pianta da frutto su 4. Pesche e nettarine si trovano una superficie quasi dimezzata (-38 %), di poco sopra l’uva da tavola (-35%), pere (-34 %), limoni (-27%), arance (-23%), mele (-17%), clementine e mandarini (-3%).
“Un danno economico ed occupazionale rilevante per il Sistema Paese - continua Coldiretti - ma che colpisce anche l’ambiente, poiché con la scomparsa dei frutteti viene a mancare il prezioso ruolo di contrasto dell’inquinamento e del cambiamento climatico svolto proprio dalle piante, capaci di ripulire l’aria da migliaia di chili di anidride carbonica e sostanze inquinanti”. Per rendersene conto viene citato un dato significativo: 1 ettaro di frutteto in produzione è in grado di catturare ben 20.000 kg di anidride carbonica all’anno, facendo calare le temperature e dando quindi sollievo nelle estati più calde. Se i cambiamenti climatici continueranno così non è escluso che anche i valori dei terreni possano risentirne così come la domanda di acqua per l’irrigazione che diventerà, inevitabilmente, maggiore. Una soluzione per rilanciare i frutteti potrebbe essere, secondo Prandini, quella di “mettere più frutta italiana nelle bibite per far tornare conveniente piantare alberi nel nostro Paese”.

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