“Il settore dell’enologia ha salvato la mia vita”: con questa frase semplice quanto d’impatto Yannick Benjamin riassume la sua esperienza di vita, fatta di successi e di momenti durissimi, superati grazie alla sua tenacia. Ed al suo amore per l’accoglienza, la ristorazione e il vino. Sì perché proprio dalla sua sicurezza nel sapere cosa fare nella vita, Yannick ha trovato la forza di rialzarsi: classe 1978, cresciuto a New York nel difficile quartiere di Hell’s Kitchen, “che non è proprio il miglior posto dove crescere - ammette Benjamin nella sua comunicazione, oggi a Verona, a Wine2Wine, la piattaforma di Vinitaly per il business, l’aggiornamento e la formazione professionale della community internazionale del vino - ma l’ambiente multiculturale del mio quartiere e del mio stesso palazzo mi hanno introdotto all’accoglienza: alla gentilezza, la disponibilità, il calore”. Lui stesso figlio di immigrati, con un padre che lavora nella ristorazione, e che quindi vede pochissimo, ma che gli passa l’amore per la ristorazione, non ci mette molto a capire che è questo il settore in cui vuole lavorare. Così, già dagli anni del liceo, comincia a farsi le sue esperienze, full time, in vari ristoranti di New York. Una vita a mille all’ora, va tutto benissimo, finché, il 27 ottobre del 2003, tutto cambia: Yannick ha un incidente d’auto, e resta paralizzato dalla vita in giù. “Mentre ero in auto, intrappolato, pensavo già che la mia carriera fosse finita, che non avrei mai potuto fare il sommelier, non avrei più lavorato in un ristorante”. Da qui, inizia il “periodo buio”: anni di riabilitazione, “in cui sembrava stessi reagendo bene, anche psicologicamente, ma non era così: non riuscivo ad accettare che fossi io a dovermi adattare al mondo, mi sentivo escluso e incompreso”. Finché non capisce che non tutto è perduto: incontra Jean-Luc Le Du, che sta aprendo un’enoteca nel West Village: Yannick prende coraggio e va a bussare alla sua porta, per farsi assumere. Le cose non vanno proprio come previsto, ma ad ogni modo riesce a farsi assumere e torna a lavorare (in un primo momento gratis) nel suo settore: inizia a fare corsi da sommelier e concorsi, nonostante i “no” e gli sguardi incerti dei giudici. E proprio qui si riaccende la scintilla per il vino, per il mondo dell’ospitalità: “grazie alla porta aperta da Le Du - racconta Benjamin - non mi sono più fermato. Ho riscoperto la mia dinamicità, e dopo qualche mese ho iniziato a sentire la mancanza della ristorazione, del servire le persone: così ho deciso di tornare all’università. Mi sono laureato nel 2012, e qui ho iniziato a conoscere da vicino cosa sono le barriere, che mi trovavo ogni giorno a dover superare, spesso con l’ingegno, che mi trovavo davanti”. Qui ha iniziato a unire le sue due ispirazioni: il vino e l’aiuto verso i disabili: nasce così, nel 2013, “Wine on Wheels”, evento di beneficenza lanciato dalla sua associazione no-profit “Wheeling forward”, che raccoglie fondi per rendere più facile e migliore la qualità della vita delle persone disabili. “Il 2013 è stato l’anno della mia rinascita: oltre alla fondazione della mia associazione, sono stato assunto in un ristorante, e ricominciato a fare davvero quello che amo. Ciò che ho imparato nella ristorazione mi è servito nella vita: nessuno dovrebbe mai dire la parola “no” nell’ospitalità: c’è sempre una soluzione, e il nostro lavoro è trovarla”. E il mondo del vino è proprio simbolo di questa resilienza, indispensabile per sopravvivere e avere successo in epoche che cambiano i connotati facilmente, con l’avvento di internet, la globalizzazione, i gusti dei consumatori mutevoli, ma anche i cambiamenti climatici, i disastri ambientali. “Così, mi sono spinto oltre: ho deciso di aprire il mio ristorante, a gennaio 2020: sarà completamente senza barriere, con ausili per i non vedenti, e per chi non può usare gli arti superiori. Si chiamerà Contento, e sarà un ristorante ad alto impatto sociale, un piccolo luogo per fare un grande cambiamento sociale e culturale”.
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